Napoli, un pagellone lungo un anno:
Insigne il migliore, Mertens in calo

Napoli, un pagellone lungo un anno: Insigne il migliore, Mertens in calo
di Pino Taormina
Lunedì 21 Maggio 2018, 13:14 - Ultimo agg. 17:00
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Ed è normale che alla fine esca fuori un «peccato». Per un secondo posto (voto 8,5) a un passo piccolo piccolo dalla gloria, al termine di una stagione (voto 8) tutta di un fiato iniziata mentre tutto il resto d'Italia era ancora sotto l'ombrellone e Sarri costringeva i suoi a correre per ottenere la qualificazione in Champions. La notte epica dello Juventus Stadium (voto 10) con la lezione ad Allegri e un cammino fuori casa impressionante (voto 9,5) con l'unico capitombolo in serie A in casa della Fiorentina. L'ideologo dello schema perfetto ha trasformato pareggi su campi una volta tabù (come quelli di San Siro) in enormi recriminazioni. Ci sono partite da consegnare alla memoria: i due successi all'Olimpico, il finale della gara col Chievo. C'è il gol di Cagliari emblema del tiki taka sarriano. Ma anche in Europa, a Lipsia e il secondo tempo di Manchester, il Napoli ha mostrato un volto per cui andare fieri. È un Napoli che si consegna alla storia, poteva consegnarsi alla leggenda se solo non avesse avuto la sventura di duellare con una macchina spietata come quella della Juventus. Per vendere a prezzo più alto i diritti tv all'estero mostrassero come uno spot certi momenti del Napoli di Sarri: magari capirebbero che vale la pena sincronizzarsi anche sulla serie A.

8.5 INSIGNE
14 gol e 14 assist. Una stagione da incorniciare. Perché qui siamo davanti davvero a un vero leader, magari non proprio goleador infallibile ma uomo squadra per davvero: sempre l’ultimo ad alzare bandiera bianca e se c’era da mettersi la squadra sulle spalle, Lorenzo non si è mai tirato indietro. Straordinario quando ha affrontato a muso duro mezza Juventus che provava a perdere tempo. Il suo elegante altruismo sarebbe da mostrare ai ragazzi, perché pochi segnano e fanno segnare come lui. Raro esempio di talento al servizio degli altri.

8 ALLAN 
Trascinatore. Pure lui come Callejon è stato uno degli stakanovisti del Napoli, uno dei titolarissimi. Ha dominato la linea mediana con la sua corsa e con la sua muscolatura: difficile poter rinunciare a lui, abile anche con i piedi. La sua crescita è stata vertiginosa, partita dopo partita. 4 i gol realizzati e tutti e 4 in campionato: ha macinato chilometri per fare da scudiero al regista della squadra, spesso come nel football americano il suo compito era proteggere la mente del gioco. Un giocatore straordinario, tra i migliori. 

8 KOULIBALY
Colossale. Certo. Il modo con cui si arrampica nel cielo di Torino e impatta di testa il traversone di Callejon è il simbolo della stagione del Napoli. Come la rovesciata di Carlo Parola sull’album della Panini. In pochi sono riusciti a smuovere quel gigante divenuto in Italia un difensore massiccio e pieno di talento. E pure con margini di miglioramento perché col Sassuolo commette un fallo evitabile al limite da cui arriva il gol di Politano e con la Fiorentina è ingenuo e si fa sbattere fuori. Per il resto senza macchia e sempre senza paura.

8 ALBIOL
Perfetto. Impressionante nella sua perfezione. Ma quale partita ha sbagliato quest’anno il difensore svezzato da Benitez e poi divenuto difensore pieno di sicurezza con Sarri? Leadership, regista arretrato, primo uomo a impostare la manovra, la capacità di uscire con palla al piede, tackle in anticipo, capacità di leggere tutte le situazioni difficili. In più ha segnato tre gol, uno importantissimo al Genoa di testa che consentì quella notte di risalire a -2 dalla Juventus. Da legare a un albero e costringerlo a restare ancora a lungo. 

8 JORGINHO 
Da applausi. Lui è tatticamente intelligente, sa sempre cosa fare, e quasi sempre la fa nella maniera giusta. Non ha fisico, ed è questo il suo unico limite. È stato il direttore d’orchestra del Napoli, il vero allenatore in campo che si sbraccia per far tornare o avanzare i compagni, con la grinta e la personalità da grandissimo leader. Quando esce lui, spesso finisce la musica come nella notte più brutta. Ha come unica pecca il tiro dalla distanza: che non ha. E che servirebbe a risolvere qualche impiccio di tanto in tanto.

7 CALLEJON 
Non ne ha saltata una, neppure per sbaglio. Normale, di tanto in tanto, qualche rendimento a intermittenza. Ha iniziato a correre contro il Nizza, della gara di playoff di Champions e non si è più fermato. 4073 minuti giocati, sempre sulla fascia, sempre a costruire gioco offensivo e a difendere come un forsennato inseguendo l’esterno di turno. Un po’ in calo nel finale di stagione, ma a meno che sotto la maglia azzurra non indossasse la tuta di Superman, comprensibile. 12 i gol fatti e 17 gli assist realizzati.

7 HYSAJ 
A destra, poi a sinistra quando bisognava far tirare il fiato a Rui e così via. L’albanese ha sacrificato le sue doti pur di mettersi al servizio della squadra: difficile trovare una sua partita completamente storta, anche se nella prima notte di Champions, a Charchiv, ha sbagliato una serie di cross non proprio difficili. Da terzino puro è assai difficile da poter superare, nell’uno contro uno è come sbattere contro un muro. Non ha fisico, ma ha la testa. Ed è stato brillante in tutte le serata col tappeto rosso della stagione

7 ZIELINSKI 
​Il grande jolly azzurro: nel corso anche della stessa partita è stato capace di piazzarsi al centrodestra della linea mediana, poi al centrosinistra e infine anche nel tridente offensivo: sette i gol di una stagione da incorniciare, dove tranne in tre partite è sempre sceso in campo, marcando il cartellino. Piedi di velluto, poca voglia iniziale di fare interdizione ma anche sotto questo profilo il finale di campionato ha mostrato la sua voglia di migliorare anche quando non ha il possesso della palla. Il suo ruolo ideale? Al posto di Hamsik. 

7 DIAWARA 
​L’uomo della Champions, con 4 gare da titolare e il coraggio, che coraggio, di prendere il pallone nella bolgia di Manchester e di andare al tiro dal dischetto che riaprì le sorti del match con la squadra di Guardiola. Ricorderà quest’anno, in ogni caso, per la rete al Chievo al 94’ che ha consentito al Napoli di rimanere in scia alla Juventus che rischiava già di allungare. In campionato ha pagato il prezzo del boom di Jorginho, e ha giocato titolare soltanto cinque volte.

7 MARIO RUI 
Toh, la sua stagione inizia con quasi tre mesi di ritardo rispetto a quella degli altri. Perché finché il ginocchio di Ghoulam non fa crac, lui praticamente non vede il campo. Dalla gara col Chievo in poi, si ferma solo tre volte - e una sola per scelta tecnica: è piccolo e più gracile rispetto all’algerino, ma da un certo momento in poi diventa arcigno come un bulldog e non riesce neppure per sbaglio a farsi scappare qualcuno. Sbaglia, in maniera clamorosa, la partita in casa con la Roma, dove combina l’impossibile. 

7 MAGGIO 
Dovrà decidere se continuare a giocare o accettare l’idea di fare il dirigente. Eppure merita una medaglia questo soldatino con i gradi del colonnello: ha accettato il ruolo di rincalzo fin dal primo istante. Ha collezionato, alla fine, ben 20 presenze, compresa quella nella gara di ritorno con lo Shakthar in cui ha giocato tutti i 90’. Ha superato con gli azzurri le 300 presenze (esattamente 308) e pure in Europa League è stato tra quelli più battaglieri. Titolare anche con il Milan a San Siro e dalla sua parte non è passato nessuno. 

7 GHOULAM 
17 partite ininterrottamente da titolare, prima del crac al San Paolo nella gara di Champions con il Manchester City: quando è uscito lui, è come se agli azzurri si fosse spenta la luce. Portentoso nella spinta offensiva, poi assai cresciuto giornata dopo giornata anche nella fase difensiva, dove spesso l’anno scorso gli veniva preferito persino Strinic: la sua corsa possente lo ha trasformato rapidamente in uno degli esterni più forti d’Europa. Uno di quelli su cui puntare anche la prossima stagione azzurra. 

7 MILIK 
Il rumore dei vetri quando vanno in frantumi: ecco come reagì il polacco alla notizia del secondo crociato in frantumi in pochi mesi. Ci fosse stato lui, magari qualcuna delle punte sarebbe arrivata nel finale di stagione con un po’ di ossigeno. Il gol alla Sampdoria è da cineteca, inutile quello allo Shakthar prima dello stop. Sei reti realizzate in stagione, in cui lentamente ha recuperato il ritmo della gara. Una stagione in cui ha colpito soprattutto per il cuore e per la voglia di rimettersi in fretta in carreggiata.

6.5 HAMSIK 
Umiltà. Sì, perché l’uomo della leggenda, il calciatore azzurro che ha battuto in questa stagione sia il record di gol con la maglia del Napoli, che quello di presenze in serie A, si è sempre e solo messo a disposizione del tecnico e della squadra: ha 48 presenze collettive in stagione, tra Champions, campionato e coppa Italia, ma solo otto volte ha giocato tutti i 90 minuti. Mai una polemica, mai una parola fuori posto, mai un gesto da interpretare in maniera equivoca. Un capitano autentico. 

6.5 MERTENS
​Il classico alunno geniale che a un certo punto smette di applicarsi. E a quel punto rischia pure la bocciatura. Fino a dicembre è stato protagonista eccezionale, poi a un certo punto ha iniziato a essere svogliato, poco volenteroso. E anche quelli col talento, se non si impegnano, diventano esattamente come gli altri: 18 reti in campionato, 22 complessivamente realizzate. Bene la prima parte della stagione con 13 gol firmati fino a dicembre. Poi il calo, netto. E i rimpianti. Tanti. 

6.5 REINA 
Decisivo in almeno due partite, quella in casa con la Fiorentina quando fece una parata straordinaria su Simeone che salvò il punticino e poi a Bergamo quando neutralizzò un missile di Cristante. Qualche volta è apparso esitante, come sul gol di Dzeko nella gara persa in casa con la Roma, ma la sua ultima stagione in azzurro si è lasciata ammirare per la condotta autoritaria nella difesa: se c’è un imbarazzo, Koulibaly e gli altri non hanno mai esitato a passare il pallone all’indietro. La pagina nera è fuori dal campo, ma quella non va nella pagella. 

6.5 TONELLI 
Fa un mezzo passo indietro rispetto alla sua prima stagione perché non riesce a guadagnarsi fino in fondo la fiducia di Sarri. Ma ha il grande merito di rendersi sempre disponibile con umiltà, segnando un gol nella rimonta con l’Udinese. Gioca in tutto sette partite, comprese le due con il Lipsia in cui ha l’occasione incredibile e assurda al 90’ di segnare di testa la rete del 3-0 della qualificazione. Preferito a Chiriches nella gare in cui serviva un saltatore pronto a risolvere mischie e a dare una mano nelle zuffe in area.

6 ROG
Grande dinamismo, un uomo di quantità a centrocampo, un lottatore: caratteristiche simili a quelle di Allan per il nazionale croato che ha ampi margini di crescita. Si è dovuto adattare al gioco a un tocco di Sarri, lui che per caratteristiche è più portato a lanciarsi negli spazi palla al piede. Il tecnico lo ha lanciato a partita in corso per dare più forza al reparto nei momenti di maggiore pressione avversaria ed è riuscito a mettere insieme 27 presenze in campionato pur partendo sempre dalla panchina.

6 OUNAS 
​Le sue finte hanno lasciato impresso tutti durante le gare amichevoli estive. Sembrava davvero un piccolo Pocho Lavezzi, per le sue movenze e per il fatto che senza troppe esitazioni puntasse quasi sempre l’uomo. Mai fidarsi delle apparenze: poco impiegato, e forse pure malvolentieri, realizza una bella rete contro il Lipsia in Europa League e poi null’altro. Non è sempre colpa sua, ma quando è chiamato in campo non brilla mai, come nelle due partite di coppa Italia con Udinese e Atalanta.

6 CHIRICHES
Il più tecnico della difesa a quattro per la gestione del pallone in fase d’impostazione. Il difensore rumeno ha giocato molto meno rispetto alla scorsa stagione, frenato anche da un infortunio che lo ha tenuto distante per un po’ dai campi: solo sette presenze in campionato. Prestazioni sufficienti ma non brillantissime, frenato anche dalla mancanza di continuità. Nel finale di stagione è scivolato come quarta scelta, superato nelle gerarchie di Sarri da Tonelli.

6 SEPE
Tre gare da vice Reina, e in due non ha preso gol. Una sola presenza in campionato in casa del Chievo e poi quel cannibale dello spagnolo non gli ha mai lasciato la gioia di un cambio. Sepe è rimasto qui perché sperava di poter giocare un po’ di più e ci è rimasto male. Ma è assai cresciuto, lavorando sodo durante la settimana. Non vuole restare per recitare per un altro anno il ruolo del rincalzo. Perché non è facile vedere giocare sempre un altro. Lui si sente in grado di poter essere titolare altrove. 

6 RAFAEL 
Neppure un minuto in campo per il brasiliano che nel suo Paese ha alzato la Libertadores con il Santos. Una mano sul cuore: l’uomo che prega anche quando va in panchina ha sempre dato una mano agli attaccanti azzurri mettendosi a loro disposizione nel corso degli allenamenti. Sapeva di dover recitare il ruolo di terzo, ma ha accettato in serenità questo ruolo di rincalzo. Andrà via a fine stagione dopo cinque anni: era il titolare del Napoli che a Doha ha conquistato il suo ultimo trofeo: la Supercoppa italiana.

6 GIACCHERINI 
Solo pochi spiccioli con Sarri: ha fatto fatica nel ruolo di esterno sinistro del tridente di attacco, lui che per caratteristiche è una mezzala nel centrocampo a tre. A gennaio è passato al Chievo Verona e sono emerse le sue qualità tecniche e si sono rivisti i suoi gol: spettacolare e decisivo per la salvezza quello di Bologna. In maglia azzurra invece ha potuto fare poco o nulla nei primi quattro mesi: sette presenze in campionato, una in Champions League una in coppa Italia, l’unica da titolare.

6 MAKSIMOVIC 
Due partite da titolare, uno con il Feyenoord e l’altra con la Spal; cinque minuti contro l’Hellas Verona al San Paolo, il 6 gennaio e poi inevitabile che facesse le valigie per cercare gloria altrove. Nel suo caso allo Spartak Mosca. Ogni volta che gioca dà l’impressione di non essere niente male (d’altronde è stato pagato 28 milioni di euro) eppure Sarri non pare mai essere contento di lui, forse per quel retaggio di seguire l’uomo e non la palla, come invece vorrebbe il credo sarriano. Tornerà alla base e potrà dimostrare il suo valore.

sv MACHACH 
Non è mica facile arrivare quando gli equilibri sono già belli che sistemati. Poi è vero, Machach si chiama Zinedine ma mica è quello della capocciata a Berlino, cioè Zidane, di cui è ovviamente grande tifoso, quindi per Sarri non è servito altro che a fare numero durante la settimana. Per il resto è balzato alla cronaca per una lite condominiale nel parco di via Tasso e per il suo spirito che deve essere piuttosto ribelle, come si diceva ai tempi del Tolosa. Un affare a costo zero, quindi pur sempre un affare.

sv MILIC
Preso per sopperire al grave infortunio di Ghoulam, mai impiegato da Sarri ma molto utile negli allenamenti per sopperire alla mancanza numerica del terzino algerino da quarto a sinistra. Il direttore sportivo lo ha pescato dal mercato degli svincolati: l’ex terzino della Fiorentina ha detto subito sì a una nuova esperienza in Italia. Grande professionalità ed impegno in ogni allenamento: ha partecipato con grande entuasiamo alla cavalcata azzurra.

8.5 SARRI 
Il secondo posto è l’apoteosi del tecnico di Figline. Il suo Napoli è stato come lo studente che lascia a bocca aperta la maestra: spirito di gruppo, organizzazione perfetta, bellissimo gioco. Si è inventato tutto quel che serve per poter vincere uno scudetto. E senza quella secchiona della Juventus lo avrebbe anche vinto. Il calo finale non sporca l’impresa con il momento culminante raggiunto nella notte dello Juventu Stadium, con una gara condotta con personalità e appeal. Il suo marchio di fabbrica. 
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