Napoli e il gol, questo sconosciuto:
l'inutile assedio alla porta piccola

Napoli e il gol, questo sconosciuto: l'inutile assedio alla porta piccola
di Marco Ciriello
Lunedì 18 Febbraio 2019, 07:00
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La castità della porta del Torino è il peccato della partita del Napoli. Salvatore Sirigu e i suoi difensori la difendono come se fosse il Santo Sepolcro, e gli attaccanti del Napoli sembrano ragazzi con la fionda, non riuscendo a profanarla, andandoci vicino senza mai riuscirci, una porta rimpicciolita, inviolabile che diventa la disperazione del Napoli al suo terzo zero a zero che comincia a diventare inquietante. Arek Milik bordeggia palloni e gol, in scivolata e in mezza girata, Lorenzo Insigne colpisce un palo e scavalca troppe volte la traversa, con lui anche José Mari Callejon, poi Mertens, persino Koulibaly, niente da fare, quelle che erano conclusioni sicure sono diventati diagrammi dell'imprecisione, e il resto è dispiacere. Lo zero a zero è un risultato del passato, quasi rimosso, riappare come i temporali estivi a segnare la fine delle cose belle che siano l'estate o il rapporto col gol, ed è singolare che a rubare futuro al Napoli di oggi sia Walter Mazzarri, ovvero il Napoli di ieri.
 
Intorno alla sua porta, a quella del suo Torino, si muove un assedio che non trova soluzione, si scatena un concerto di tiri e tentativi che non toccano la rete se non dalla parte sbagliata. Di poco, ma il Napoli che costruisce e domina non trova quello che serve per andare avanti, divenendo un cercatore senza oro, setacciando l'area di rigore senza tirare su nulla che non sia sabbia. Quella che sembra avere Sirigu dietro e intorno a sé, la stessa che aveva Alban Lafont e prima Gigio Donnarumma. Quelle porte avversarie, diventano la porta chiusa dello scudetto, quello che si allontana divenendo una corsa da Alpe d'Huez dove in cima la Juventus e Massimiliano Allegri già ridono, mentre il Napoli è fermo davanti a una porta che non si apre, fermo a provare e riprovare un enorme mazzo di chiavi quello delle numerose azioni da gol senza gol che non aprono, che sembrano entrare, combaciare, girare, ma che lasciano quella porta chiusa. E davanti il Napoli bello, bellissimo, ma senza gol e col singhiozzo, quello dei suoi attaccanti. Le loro facce senza la luce del gol diventano cupe, il messaggio è l'impossibilità di andare oltre, si sente addosso a tutti, anche ai soli ventimila e fischia presenti al San Paolo, così quella porta stregata diventa l'inaccessibilità al passaggio successivo, il salto che manca.

Il problema è che va tutto bene, in prospettiva ci sono un secondo posto e una Champions League da giocare, c'è il controllo miliare del campo, la costruzione geometrica, la trama fittissima, i bei gesti ormai Koulibaly usa il tacco come Charlie Parker l'assolo ma mancano i gol, e il crollo verticale dei gol, è il crollo del circo, perché senza i gol le partite diventano corride tristi, senza il gol non c'è gioia, non c'è accumulo, non c'è ricordo, e quindi quello che è già una corsa al secondo posto, diventa una corsa al secondo posto senza musica. Il gol è l'impresa disperata che ripaga degli sforzi, è il vento che alza le gonne delle donne, perché il pallone entrando in porta solleva la rete, creando un corto circuito, donando quell'istante di felicità che poi serve a sopportare tutto il resto.

La differenza tra una porta violata e una inviolata salta agli occhi, quelli dei tifosi e prima quelli dei calciatori, il Napoli era abituato alle goleade, o comunque a segnare almeno due nella normalità, tre pareggi in quattro gare sono un inizio depressivo. Sirigu e i suoi fanno il loro lavoro, difendono la porta, tornando a Torino contenti, il problema è dell'attacco del Napoli che invece quella porta non l'ha scardinata, e insieme c'è quella della Fiorentina e quella del Milan, e si spera non ce ne siano altre. Dice è mancato poco, sì, ma è in quel poco che c'è il tutto. Sarebbe bastano un attimo prima per Milik, un centimetro per Insigne, un piede in ritardo di N'Koulou, una mano fuori tempo per Sirigu, ma niente, tutto è filato liscio, sì per la porta del Torino. Che diventa un santuario dove sfilano gli attaccanti del Napoli in una catena di ora pro nobis, di preghiere per il gol, che non arriva più. Almeno in Italia, in Svizzera che si sa è zona neutra si è visto, in abbondanza, complice una difesa sgangherata.

Insomma, è allarme rosso, anche perché fra poco arriva la Juventus, e al Napoli non resta che batterla, proprio per dimenticare quella porta chiusa, in una partita da Cyrano de Bergerac, una guasconata. Ma prima deve tornare a segnare e in abbondanza, con ferocia, infilandosi in porta in ogni modo, possono segnare anche Ospina o Meret, non importa, l'importante è farlo, vincere il tabù, abbattere l'ostacolo, e tornare la squadra col migliore attacco, quella che metteva gol, e con i gol si divertiva. Ora è una giostra che gira senza scopo, perché il gol è lo scopo del calcio, per noi (di scuola zemaniana) anche più della vittoria, che è solo una conseguenza. Bisogna riprendere il dialogo col gol, non basta cercarlo, non basta avere un processo creativo sofisticato, bisogna tornare a far fischiare la porta.
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