Napoli, ecco il vero gol di Insigne:
il capitano fa pace con se stesso

Napoli, ecco il vero gol di Insigne: il capitano fa pace con se stesso
di Marco Ciriello
Domenica 20 Ottobre 2019, 08:30
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Esce dalla penombra del mugugno Lorenzo Insigne, e, forse, fa anche pace col mondo, il suo, quello napoletano che da Carlo Ancelotti al San Paolo lo vorrebbe scicchissimo come e più di come gioca in Nazionale. Lui ha inquadrato meglio la partita, ha studiato le geometrie offrendo possibilità di tiro a Amin Younes, pescato con giochetti tra difensori veronesi.
 
Insomma, sembra una bella promessa di tregua, in un conflitto da bicchiere d'acqua, che però ha scomodato Mino Raiola portandolo a Napoli e costretto alla discussione anche Ancelotti che a Chris Brady e Mike Forde ne Il leader calmo dichiarò che non parlava con i procuratori, forse l'ha fatto per ricordare nella riunione con famiglia Insigne al seguito nemmeno fossero The Royal Tenenbaums quello che la leggenda Michael Jordan ricordava a se stesso e ai suoi, e che Insigne dovrebbe tatuarsi da qualche parte: «Ci sono molte squadre, in ogni sport, che hanno grandi giocatori ma non vincono titoli. La maggior parte delle volte quei giocatori non sono disposti a sacrificarsi per il bene della squadra. La cosa divertente è che, alla fine, la scarsa disponibilità al sacrificio rende più difficile raggiungere gli obiettivi personali. È mia convinzione profonda che se si pensa e si ha successo come una squadra, i riconoscimenti individuali verranno da sé. Il talento fa vincere le partite, l'intelligenza e il lavoro di squadra fanno vincere un campionato».

L'Insigne visto contro il Verona è un riemergente, uno che torna dopo un incidente, quindi prima cautamente avanza e smista palloni senza esagerare, poi recupera rapidamente memoria di sé, del contesto, della posizione e delle possibilità e allora si mette a tentare dribbling bailando, infila passaggi da biliardo, toccheggia in rima col suo cognome e prova persino tre volte il tiro a giro ma se lo vede sempre respinto. Ha cuore e intenzioni, anche se è il Napoli ad avere l'anima che non parte, con una capitalizzazione di due gol pure esagerata rispetto alla velocità e al gioco, ma meglio una vittoria in apnea che un pareggio con il vanto delle occasioni perdute e il lamento conseguente. In più Insigne lascia a casa le somme incazzature, le pennichelle di gioco, i sogghigni sui passaggi, e l'esercizio burocratico del proprio talento appoggiandoci i sorrisetti di circostanza e gli scuotimenti di capo, per tornare ad essere semplicemente quello che sa giocare e passarla, mettendo in mezzo all'area i palloni giusti, come fa sulla punizione che porta in gol per la seconda volta Arek Milik. Un Insigne depurato dalle insofferenze, che non discute con nessuno, anzi, la smista con classe, e prova a scompaginare la difesa di Ivan Juric, risultando fastidioso dalla parte giusta, quella avversaria.

Sembra l'inizio di un nuovo corso l'ennesimo e con una partita di Champions League decisiva contro il Salisburgo vedremo se la pace interiore del calciatore avrà una durata superiore ai settantasette minuti giocati nella partita contro il Verona, o se ci saranno ricadute. È evidente a tutti, Insigne, è a un bivio: diventare quello che tutti si aspettano, uno che condiziona e riscrive le partite, o rimanere un Peter Pan napoletano da film di Alessandro Siani, eternamente in conflitto col mondo, che sta bene solo nella sua cameretta senza gli adulti a chiedergli di ubbidire e rispettare le regole. Giocatori molto più bravi e con una coscienza maggiormente anarchica hanno funzionato in squadre con una enorme disciplina, quindi l'eversione o diventa esercizio nel gioco o è solo capriccio, tra l'altro nel suo caso è una eversione egocentrica che mai diventa recriminazione di genere o trova una generosità che può farsi giustificazione. Ha un ambiente disposto a sopportare il suo voler stare sempre in primo piano, ha un allenatore dal quale imparare ultimo viene Ibrahimovic a riconoscerlo, uno di quelli che riscrive le partite veramente e ovunque giochi e una squadra che si è piegata all'ascolto, ora tocca a lui; col Verona si è visto un piccolo passo verso la distensione e in direzione di un nuovo modo di porsi, con diverse possibilità anche di portare a casa un gol. Si è aperta una parentesi importante che ora va riempita di prestazioni ripaganti, di assist e di gol, con alla base una concentrazione nel gioco con un pragmatismo capace di superare gli estetismi, tocca andare oltre le promesse scavalcando l'infimo tocco di tacco che diventa l'ornamento se c'è il palazzo altrimenti è inciampo, e questa parentesi, andrebbe chiusa con un titolo, a sigillo di un cambio di stagione reale, altrimenti tutto questo sperpero di partite e discussioni è stato inutile. O Insigne corrompe il suo passato o non c'è futuro, e deve corromperlo con l'assunzione di personalità, provando ad occupare la scomodissima posizione del calciatore che trascina, non di quello che si lamenta. Deve farsi venire la ruga sulla fronte mentre ride dopo aver fatto un passaggio alla Cantona che manda in porta un compagno.
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