Padre e figlio, che collaborazione:
se due Ancelotti sono meglio di uno

Padre e figlio, che collaborazione: se due Ancelotti sono meglio di uno
di Bruno Majorano
Mercoledì 18 Luglio 2018, 08:43
3 Minuti di Lettura
Inviato a Dimaro-Folgarida

Una poltrona per due. Carlo da una parte e Davide dall'altra. Minimo comune denominatore, il cognome: Ancelotti. Sul campo di Carciato sono una cosa sola. L'allenatore e il suo vice. Una coppia che funziona, in campo come in famiglia. Carletto lo ha voluto nel suo staff fin dai tempi del Chelsea, ma guai a parlare di Davide come di un raccomandato. Si è fatto le ossa, ha lavorato tanto per conquistare la fiducia di suo padre e anche quella del resto del gruppo di lavoro.

STUDERE STUDERE
A 28 anni - domenica festeggerà il suo ventinovesimo compleanno al Briamasco di Trento con Napoli-Carpi - Ancelotti junior può vantare in bacheca una laurea in scienze motorie arricchita da un master conseguito in Germania. Perché studiare viene prima di tutto. Perché papà Carlo vuole che il figlio non sia solo il suo primo assistente, ma anche il primo della classe. E allora testa sui libri e duro lavoro. Essere il figlio di... rischia di essere una spada di Damocle troppo pesante, quindi meglio farsi trovare sempre preparati. A proposito degli studi: in questi anni, dopo essere passato da preparatore atletico ad addetto al recupero degli infortunati, è diventato il vice di suo padre durante l'avventura al Bayern Monaco. In mezzo tante esperienze in giro per l'Italia e l'Europa a studiare le tecniche di allenamento più all'avanguardia.

 
VIVA LE FASCE
In particolare, Davide ha fatto visita a molti club italiani e spagnoli. I suoi modelli preferiti? Valverde (prima e durante il periodo al Barcellona) e le tecniche di allenamento di Siviglia e Valencia, perché in quelle squadre si prestava una grande attenzione al gioco sulle corsie laterali. Un punto sul quale potrà darsi da fare, e anche molto, come assistente del papà nel Napoli, vista la presenza di esterni di valore come Callejon, Verdi, Mertens e Insigne.
CHE COPPIA
Insomma, Carlo e Davide si compensano e si trovano al meraviglia. Insieme sulla stessa panchina come nel giardino di casa, dove parlano di calcio ma non solo. «Per me è una grande emozione avere Davide nel mio staff, oltre che un grande stimolo», ha detto più volte Carlo parlando del rapporto con il figlio. Tra i due ci sono 30 anni di differenza, ma a vederli vicino sembrano due ragazzini. Nelle esercitazioni il grande di casa lascia spazio di gestione al figlio senza stargli addosso e facendo capire che tra i due intercorre un rapporto di massima fiducia. Una sorta di evoluzione della specie che in casa Ancelotti sta procedendo di pari passo. Di rosso vestiti, uno uguale all'altro. A fare la differenza il berretto d'ordinanza per Carletto. Con la visiera anche quando non c'è il sole, mentre Davide resta col capo scoperto. A volte si accovaccia per studiare i ragazzi dal basso, proprio da dove è partito, nonostante quel cognome così pesante.
SULLO STESSO LIVELLO
Certo, il problema per Davide potrebbe essere l'età. Giovanissimo lui, praticamente coetaneo dei giocatori, ma la cosa non gli pesa. Perché il rispetto dei ruoli viene prima di tutto. Lo ha imparato fin da bambino, quando papà Carlo allenava a Parma e lui si divertiva a giocare con gli amici. In tribuna non mancava praticamente mai suo padre, che lo seguiva passo passo e perché no, gli dava anche qualche indicazione su come dare il meglio in campo. Quei consigli ora sono il loro pane quotidiano. Si parlano fitto e si spiegano. Davide è quello che raccoglie e registra l'umore della squadra. Poi lo riporta a Carlo, ma facendo da filtro. Solo quello che è strettamente necessario, perché sa bene che certe cose fanno parte dello spogliatoio e devono restare lì dentro. È anche questa la forza di Carlo e Davide: con loro la poltrona (stretta) che era per due in casa Ancelotti è diventato un divano (molto più comodo).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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