Psg-Napoli, notte di nostalgia: Cavani, una soap di gol e rimpianti

Psg-Napoli, notte di nostalgia: Cavani, una soap di gol e rimpianti
di ​Marco Ciriello
Martedì 23 Ottobre 2018, 09:17 - Ultimo agg. 10:48
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Dopo averlo fischiato, Napoli ha preso a rimpiangerlo. La città è volubile, i suoi tifosi anche di più. Vive di onde, d'entusiasmo e picchi di oblio, tiranna vorrebbe che tutti tornassero. Edinson Cavani, invece, non si è mai voltato per non avere malinconia, anzi ha preso a correre sempre più forte e sempre più lontano, senza smettere di segnare. Il calciatore delicato, col volto da indio, i capelli lunghi e la fascia in fronte, è stato più duro di Zlatan Ibrahimovi e di Neymar e del suo comitato centrale brasiliano nel Paris Saint-Germain, finendo per essere il calciatore che più ha segnato nella storia della squadra francese, dovendosi smarcare dai due compagni di squadra e dalle loro manie egotiche divenute pure trame di corte. Ha avuto periodi (brevi) di indefinizione, e strisce di gol, piccole infelicità, e grandi soddisfazioni, anche se dal 2013 insegue la Champions League senza raggiungerla.
 
L'ICEBERG
Sulla panchina del PSG sono passati Laurent Blanc, Unai Emery e ora c'è Thomas Tuchel e tutti (Emery più di Blanc) nella follia che si respira in quella che più che una squadra è un parco giochi di stampo disneyano hanno trovato in Cavani un approdo di pragmatismo supportato dalla sua atleticità. Apparentemente è un giocatore gelido, un iceberg che nasconde i grandi sacrifici, la forza mentale, capace di superare l'isolamento attraverso la caratura religiosa, e che a Parigi ha anche capito come passare da un campo dove giocare a un campo dove lavorare, mettendosi a studiare agronomia, pensando al futuro, a quando tornerà in Uruguay. Il ragazzo che giocava nel Danubio una delle tante squadre di Montevideo e che sognava da ragazzino di essere Gabriel Batistuta, quindi un calciatore argentino, raccontando in un colpo solo di appartenere a una generazione che ha superato i confini e le divisioni calcistiche; e che da grande tanto si è immedesimato nel personaggio de «Il gladiatore», quel Massimo Decimo Meridio interpretato da Russell Crowe che avrà ragione dei suoi nemici, «in questa vita o nell'altra».
Cavani è una figura ingombrante sia fisicamente che calcisticamente, lo si è visto ai mondiali contro la Francia, quando Óscar Tabárez ha dovuto farne a meno e in mezzo al campo, nella formazione uruguayana, si è aperta una voragine, persino uno come Luis Suárez è apparso smarrito. Il calcio è un gioco molto realistico, dove vince chi non perdona niente a nessuno, e Cavani è così, sempre col sorriso, sempre alla giusta distanza da tutto, dalla porta agli avversari, pronto a segnare tirando da lontano, o a due passi dal portiere, apparendo come uno sciamano. I dati dicono che nella Ligue 1, 2016-2017, ha segnato 49 gol stagionali, e in quella dopo 40, divenendo il finalizzatore della squadra, come sapeva Walter Mazzarri quando lo allenava al Napoli.
Cavani è un discesista, prima di essere un opportunista, uno che sa viaggiare col pallone fra i piedi e che tira tantissimo in porta, è un attaccante multiplo, di quelli così rari da creare capogiri, ripensamenti e grandi offerte. Passando da core ingrato a grande amore, fino a diventare protagonista della soap estiva che lo vedeva di ritorno al Napoli per via della sua famiglia rimasta in città, i suoi due figli Bautista e Lucas con la madre Soledad, ormai ex moglie del calciatore, e che gli chiedevano: «Papà davvero torni?», una domanda da canzone di Modugno, che aveva una sola risposta: «No, perché dovrei rinunciare a un mucchio di soldi». E quelli, insieme allo spirito competitivo, hanno fatto di lui uno dei migliori attaccanti visti sui campi al di qua e al di là dell'oceano Atlantico. «La vita di un calciatore si compone di fasi, di momenti. Periodi belli e brutti si alternano, ora sono in uno di quelli positivi. Anche in Italia ho vissuto grandi emozioni, momenti incredibili. A Napoli, per esempio, ho passato tre anni fantastici. Ho raggiunto molti obiettivi, umani e professionali. Porto nel cuore ciò che Napoli ha saputo darmi durante la mia esperienza in azzurro. A Parigi, oggi, sto vivendo qualcosa di molto simile. Certo, parliamo di un'altra squadra, di un'altra dimensione, di un'altra realtà».
LA MATURITÀ
Cavani è calciatore che invecchiando è migliorato, avviandosi verso una maturità che lo vede divenire un venerato maestro dell'area di rigore, implacabile, senza mai diventare un accentratore, come lo era Ibrahimovic prima e Neymar ora che ha trovato come alleato anche Kylian Mbappé i due gli passano poco il pallone , ma alla fine Cavani troverà il modo di prenderselo, fosse solo per antica caccia, mettendoci l'esperienza dei suoi 31 anni spesi a segnare e farsi largo, sgomitare e piazzarla, liberarsi, saltare e colpire.

Dice che il segreto di tutto è «La pesca, perché mi dà pace, tranquillità e, come attaccante, mi aiuta con gli occhi. Devi aspettare il momento giusto e nel calcio è praticamente lo stesso: aspettare l'attimo preciso, attaccare, catturare il pesce. Bisogna essere paziente e quindi prestare attenzione, agire immediatamente, proprio come quando giochi a calcio». Cavani gioca da pentatleta, persino in un campionato non impegnativo come è quello francese, appartenendo a un altro pianeta, di una galassia differente dall'altro pianeta che riguarda buona parte dei calciatori del PSG. La sua solitudine è di sguardo e movimento, e chiedersi se durante la doppia partita contro il Napoli avrà pentimenti, ripensamenti, o peggio smarrimento, no, non ne avrà, perché la transizione da ragazzo di provincia a flâneur è compiuta da un pezzo. Lui dice di essere cresciuto come uomo, e vede il miglioramento in campo solo come una conseguenza, ma senza l'alta competizione, in area e fuori, anche solo per giocare, l'Uruguay non avrebbe visto il Cavani divenuto insostituibile, basta vedere quello all'ombra di Diego Forlán fino al 2010, e quello dopo. Al Napoli, e ai suoi tifosi, rimane la certezza di cui canta Fabrizio De André: «è stato meglio lasciarci / che non esserci mai incontrati».

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