Napoli, intervista a Sacchi: «Sarri è un maestro, Maradona lo avrebbe voluto»

Napoli, intervista a Sacchi: «Sarri è un maestro, Maradona lo avrebbe voluto»
di Pino Taormina
Martedì 22 Settembre 2015, 08:36 - Ultimo agg. 13:06
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«Lo sa cosa diceva Hermann Hesse? La pazienza, a volte, vale più dell’intelligenza. De Laurentiis ha valutato saggiamente il lavoro del suo allenatore, non lasciandosi condizionare solo dai risultati». Il vate di Fusignano la storia del calcio l’ha saputa fare: uno scudetto, due coppe dei Campioni, due coppe Intercontinentali e tanto altro.



E ogni volta che dice qualcosa, Arrigo Sacchi, sa bene che le sue frasi rischiano di essere piuttosto nette, delineate e qualche volta persino dilanianti per le orecchie di tutti. Comprese quelle dei napoletani.



Sacchi, per spiegare le difficoltà italiane di Benitez ha detto che a Napoli non c’è una mentalità vincente.

«È una frase aritmetica. La mentalità vincente arriva dalle vittorie che si conquistano nel tempo e l’ambiente è poco abituato a vincere. Nessuno si senta offeso, ma quante coppe o campionati ha vinto la squadra azzurra negli ultimi tempi? Sono i successi a far acquisire personalità e mentalità vincente, giorno dopo giorno».



Dunque la mentalità è semplicemente una somma di coppe e trofei alzati al cielo?

«Ma anche i giocatori del Napoli devono acquisire mentalità vincente e personalità per poter essere competitivi per lo scudetto. Perché mica tutti ce l’hanno»



Quindi, difficile poter puntare in alto quest’anno secondo lei?

«Se tutti, proprio tutti, compreso il magazziniere remano nella stessa direzione, nessun obiettivo può essere impossibile».



Meglio Sarri o Benitez?

«Perché mai dovrei scegliere? A me piacciono gli allenatori che praticano un calcio armonioso, in cui il gioco sia protagonista, divertente, ricco di conoscenza. Io seguivo Sarri fin dai tempi dell’Empoli in serie B ma devo dire che il lavoro che è riuscito a fare la scorsa stagione è stato eccezionale».



Lei è stato uno dei suoi grandi sponsor.

«Sponsor non direi. L’ho sempre ammirato e quando ci siamo incontrati per la prima volta questa estate a Milano Marittima gli ho fatto i complimenti perché è sempre più difficile trovare in Italia chi fa il maestro e non il gestore di una squadra».



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