Sarri story: tutto quello che avreste voluto sapere sul nuovo tecnico | La seconda puntata

Sarri story: tutto quello che avreste voluto sapere sul nuovo tecnico | La seconda puntata
di Fabrizio Ferrari
Domenica 14 Giugno 2015, 09:42 - Ultimo agg. 10:29
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Maurizio Sarri story, seconda puntata. Il nuovo allenatore del Napoli raccontato da Fabrizio Ferrari, direttore di Allenatore.net e collaboratore di varie testate nazionali, il giornalista toscano che lo conosce più di tutti. E che per lui coniò il soprannome Mister 33.



L’anno seguente i quotidiani sportivi scrivevano della Sangiovannese come di una società destinata a lottare per salvarsi. Invece il neofita Sarri partì bene anche in C1, tanto che la sua Sangiovannese arrivò alle vacanze natalizie in zona playoff. Poi, però, l’imponderabile: il presidente Casprini morì in un incidente stradale e la stagione si concluse comunque con un dignitoso 8° posto, davanti a società blasonate come Lucchese e Pisa. Nell’estate del 2005 l’ex ds della Sangiovannese, Bignone, si trasferì al Pescara, appena retrocesso in C1. Situazione critica economicamente che costringeva a presagire una lotta per salvarsi con i giovani del vivaio. Neanche a chiederlo: Bignone puntò su Sarri. Ritiro con la primavera dell’anno precedente e un paio di senatori (Tardioli e Croce), tanto che la prima di Coppa Italia contro il Napoli sembrava un ostacolo insormontabile quasi quanto l’Everest. Il Pescara perse, ma solo 2-0, senza sfigurare nemmeno con nove ragazzini in campo (tra cui Ciofani, uno dei due bomber del neopromosso Frosinone).



Il giorno prima Sarri con i suoi collaboratori Tinagli e Bertini erano andati in gita a Pozzuoli. Il “nero” - questo è un altro dei suoi soprannomi, per l’abitudine a vestirsi scaramanticamente di scuro - è sempre stato innamorato della città che gli ha dato i natali, tanto che qualche anno prima era andato in visita, con la moglie Marina, alla casa dove viveva in tenera età. Passione per la città e per questa squadra. Mirko Tinagli, il preparatore dei portieri che ha avuto con sé per molti anni racconta: «Ricordo un Fiorentina-Napoli nel settore ospiti con il piccolo Nicolè (non è stato banale nemmeno nella scelta del nome del figlio) che indossava la tuta dell’ultimo scudetto azzurro. Dopo il gol del 3-0 dei viola, Maurizio si girò verso un nostro amico ultras e gli disse: “Guagliò, raccatt o striscion e iammuccenn”». Ma torniamo all’esperienza di Pescara. Pochi giorni dopo la partita del San Paolo arriva la notizia del ripescaggio in serie B e quindi Sarri effettua il terzo salto di categoria in altrettante stagioni. Gli abruzzesi hanno un budget superiore grazie ai diritti televisivi, ma sufficiente solo a prendere giocatori messi fuori rosa da altre società. Sembra un’impresa, invece la squadra concluderà all’11° posto, conquistando la salvezza alla quartultima giornata con il Cesena con la curva abruzzese che intona a gran voce nome e cognome del proprio allenatore.



L’anno seguente Sarri non vuole rimanere a Pescara perché ritiene che sia impossibile ripetere il miracolo dell’anno prima. Lo vorrebbero in tanti ma lui aspetta. L’Arezzo dell’ex juventino Conte, partito con 6 punti di penalizzazione alla nona è ultimo a -2. Sarri accetta la scommessa, con la promessa che la squadra verrà rinforzata nel mercato di gennaio e con la ferma convinzione del presidente che i punti sottratti verranno restituiti. Le cose, però, non andranno così. La penalizzazione rimarrà invariata, ma l’Arezzo di Sarri ci prova. Si toglie le sue soddisfazioni: pareggia 2-2 sul campo della Juventus e con lo stesso punteggio al San Paolo di Napoli. In entrambi i casi le due squadre con una vittoria sarebbero andate in testa alla classifica, ma Sarri così come aveva già fatto con il Rimini (vincendo 4-1) si cala nel ruolo del guastafeste. Al termine della stagione sarà l’unico tecnico ad aver ottenuto punti sui campi delle due società blasonate, di passaggio nella serie cadetta. Il presidente Mancini vuole anche la qualificazione in Coppa Italia e arriva anche quella. L’Arezzo di Sarri elimina il Livorno (che milita in serie A) e trova il Milan. Quella qualificazione regala alle casse della società toscana un milione di euro e la metà dei due incassi. L’Arezzo non solo non sfigura, ma batte il Milan 1-0 nella gara di ritorno, sfiorando i tempi supplementari; la traversa salva la squadra di Ancelotti che qualche mese dopo vincerà la Champions League. Ancelotti da gennaio fino al giorno della finale perderà soltanto contro altri quattro colleghi: Ferguson, Spalletti, Mancini e Malesani (il sabato prima della finale...). Risultati importanti tanto che il presidente dell’Arezzo, Mancini, definisce Sarri “il Michelangelo del calcio” e gli propone di rinnovare il contratto. Lui rifiuta provocando il risentimento dell’azionista di maggioranza della società toscana. Nel giro di qualche giornata arrivano puntuali le pubbliche critiche di Mancini per non aver schierato un paio di giocatori. Sarri risponde con l’ironia che lo caratterizza. Il presidente ingoia male quel boccone, ma non può nulla di fronte a 5 risultati utili consecutivi (tra cui il pareggio con il Genoa di Gasperini che verrà promosso come 3° senza disputare il playoff), così attende la prima sconfitta per esonerarlo. Sarri è in sosta in un Autogrill e apprende la notizia nel modo peggiore: dalla striscia delle news che scorrono su Sky Sport. Tornerà Conte che con lo stesso gruppo impiegherà 4 giornate per vincere la prima partita in panchina della sua carriera (praticamente il primo successo arrivò dopo 13 match in cui aveva racimolato appena 5 punti). Il ds Pieroni prova a convincere Sarri a tornare, ma non c’è niente da fare. L’attuale Ct, Conte, non riuscirà a impedire la retrocessione, perdendo addirittura 5-1 contro la sua Juventus.

@FabrizioFERRARI



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