Allan e Rui, messaggi al Napoli:
quel bacio vale più di un procuratore

Allan e Rui, messaggi al Napoli: quel bacio vale più di un procuratore
di Francesco De Luca
Lunedì 13 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:04
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Un gol dopo quindici mesi. Ma c'è un gesto di Allan, non tecnico, che dovrebbe valere più di tutto: il bacio alla maglia dopo la rete alla Spal. Il brasiliano, finito in un tunnel dopo le voci di gennaio sulla trattativa con il Paris St. Germain, ha voluto lanciare un segnale al Napoli e - si spera - al suo procuratore, che si era incontrato con gli intermediari degli emiri per tentare di portare a Parigi il suo assistito in inverno. Per spegnere le voci, peraltro, due giorni fa sul proprio profilo Instagram l'azzurro aveva scritto: «Il silenzio evita problemi». Allan sappia che i gesti possono appunto valere più delle parole, soprattutto se queste disorientano un giocatore, come è accaduto nel suo caso. Il bacio alla maglia lo aveva dato anche Higuain prima di quell'estate rovente in cui dimenticò l'amore per l'azzurro e si trasferì in gran segreto, da perfetto traditore, alla Juventus. Se Allan ha deciso di continuare qui, condividendo il progetto di Ancelotti, il Napoli non può che esserne lieto. Ma se tra pochi giorni lui e il suo manager riattivassero gli abituali meccanismi del mercato per cambiare aria, allora il bacio alla «N» stampata sul lato sinistro della maglia sarebbe l'ennesimo atto di ipocrisia. Il Napoli che vuol essere protagonista nella prossima stagione ha bisogno di scelte chiare da parte di dirigenti e giocatori. Uno dei probabili partenti, Mario Rui, si è tolto lo sfizio di segnare il bel gol della vittoria - su illuminante assist di Callejon - evitando esultanze smodate perché immagina qual è il suo destino: ha solo indicato il settore occupato dai tifosi napoletani. Anche nella partita senza significato a Ferrara, tuttavia ben giocata, di Ferrara si è apprezzato il valore di Meret, uno dei migliori colpi di mercato realizzati dal Napoli nella sua storia: è su questa linea che devono proseguire De Laurentiis e Chiavelli, aggiungendo quella percentuale di esperienza richiesta da Ancelotti.
 
 

E, a proposito di storia, venerdì si celebra il trentennale della conquista della Coppa Uefa, vinta dal Napoli dopo le due finali con lo Stoccarda. Quel trionfo della primavera 89 inorgoglì anche gli emigrati napoletani e meridionali che vivevano nei paesi del Nord Europa: era il riscatto che sognava Maradona quando sbarcò a Napoli. Il momento più esaltante era stato vissuto due mesi prima della finale, quando al San Paolo la squadra riuscì a ribaltare lo 0-2 incassato sul campo della Juve e a qualificarsi per le semifinali. C'erano tanti campioni e tanta personalità nel Napoli di trent'anni fa, tuttavia il contributo decisivo fu quello degli 80mila del San Paolo: con la loro forza d'urto stordirono gli juventini. Abbiamo ripensato a quello stadio che vibrava di passione quando, a distanza di trent'anni, il Napoli avrebbe dovuto compiere un'altra impresa, ma nella serata della sfida con l'Arsenal - stessa situazione di partenza del match con la Juve - si sono contati 39.438 spettatori. «Anfield deve essere di esempio, visto e considerato che si tifa a prescindere dal risultato» ha detto Ancelotti in un'intervista al «Roma» riferendosi alla forza magica dello stadio di Liverpool in occasione della remuntada sul Barcellona. E infatti il San Paolo si è riempito anche quando la squadra rischiava la B o la C, o quando il pronostico per le partite con la Juve o le milanesi era già segnato. Questo meccanismo d'amore si è inceppato negli ultimi mesi. Non è solo una questione di risultati, appunto, ma di un'armonia da ritrovare. E, intanto, ricordiamo con affetto i vincitori di trent'anni fa, dal campionissimo Maradona al napoletanissimo Carannante: applaudiamoli ancora.
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