Fabián entra e segna un golazo:
classe operaia e futuro da Gerrard

Fabián entra e segna un golazo: classe operaia e futuro da Gerrard
di Marco Ciriello
Domenica 21 Ottobre 2018, 08:00
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Si spalanca la bocca davanti a un tiro a giro come quello che parte dal destro di Fabian Ruiz. Si spalanca la bocca davanti allo spettacolo di un primo tempo senza tabù, dimenticando che si gioca fuori casa, in uno dei pochi stadi belli d'Italia, il Dacia Arena. Ruiz da operaio supremo, almeno così era stato percepito in estate, diventa raffinato finalizzatore, all'estremo dell'area di rigore, dalla sinistra si libera di Seko Fofana, lascia visibilmente disarmato uno come Valon Behrami e poi senza slabbrature stilistiche disegna una traiettoria unica, che Simone Scuffett può solo guardare. Il primo gol dello spagnolo lascia intravedere un futuro da Steven Gerrard. Un vagocampista che ha fisico e piedi, che può bloccare e sbloccare le azioni, capace di aperture raffinate come di entrate decise, di valere anche in inferiorità numerica, apnea e recupero, e che deve solo entrare nell'equilibro zen ancelottiano, e questa volta ci entra lateralmente, per il gol e per l'infortunio a Verdi.
 
È probabile che l'allenatore del Napoli lo avesse relegato in panchina per farlo giocare poi nella partita di Champions League contro il Psg, invece è stato chiamato di forza, e per fortuna. Ha risolto subito, undici minuti di palleggio, riscaldamento, passaggi e poi zac, il gol, e che gol, di quelli che pesano e che fanno pensare. Il suo ex allenatore, al Betis, Quique Setién un nome da personaggio di Sergio Leone e anche la faccia e il resto dice che: «Tra quelli che ho allenato, il giocatore che più mi ricorda è Vicente Gomez del Las Palmas. Fabian è un po' più rapido e potente di Vicente, ma come lui capisce bene il gioco, gestisce bene la palla e i tempi», e ancora non basta perché Ruiz come stiamo vedendo a Napoli è un giocatore di possesso e illuminazione, di aperture e riquadri, al quale Ancelotti può persino chiedere di finire la partita al fianco di Mertens, in attacco, dopo l'uscita di Milik per Hamsik. A lui basta fare un passo in avanti e volgere lo sguardo indietro, quando a quattordici anni faceva il trequartista avanzatissimo e aveva un sinistro che portava i suoi amici a dargli del Messi in prospettiva, esageravano, come si fa sempre quando si vede un talento, lui ha corretto la posizione dopo che si è allungato un bel po', preso a usare anche l'altro piede, il destro, e Scuffet ora lo sa bene, e si è spostato un po' più indietro, senza però perdere tutto quello che faceva gridare alla meraviglia. È un ragazzo di soli ventidue anni, disposto al sacrificio e la partita con l'Udinese, nel secondo tempo, lo dimostra ampiamente, alternando istinto e obbedienza, stile e sudore. Ruiz è bravo a smarcarsi e smarcare, ha ancora qualche problema con lo spazio, ma sta recuperando, anche se in alcune fasi della partita pare che si perda, concedendosi troppe libertà. Torna utilissimo quando c'è da sfondare come è successo col Liverpool i suoi movimenti portano fuori posizione gli avversari, come i suoi passaggi aprono corridoi che imbarazzano. Con l'Udinese è stata la sua miglior partita, e non è poco, considerato che deve ancora crescere, che può davvero diventare un giocatore che sta tra Pogba e Milinkovic-Savic senza le bizze di entrambi, si spera che il ruolo non comporti anche la mutazione caratteriale e le conseguenti rotture tra campo e fuori. Colpisce la sua geometria, il suo ordine, e come vive la partita, anche grazie alla lunga falcata, sembra ubiquo, e la sua rapidità di spostamenti è un punto a favore, soprattutto nelle verticalizzazioni ancelottiane. Non è di quei centrocampisti fisici che tengono il pallone, no, lui pensa veloce, due tocchi e via, e infatti all'esordio col Napoli gli abbiam visto sbagliare molti palloni, ci sta, per uno che gioca rapido e che deve ancora entrare appieno nel meccanismo della squadra. È il giocatore da coinvolgere nella trama di passaggi, quello che sa triangolare e lanciare, che non si lascia intimidire dallo spazio stretto o dal campo largo. È un calciatore del futuro, uno che al fisico da grande atleta difficile anche da contrastare figuriamoci abbattere aggiunge una tecnica che negli anni al Betis ha stupito non poco, segnando dal limite dell'area (tre gol) proprio come contro l'Udinese, bisogna che lo faccia spesso, perché in partite come contro la squadra di Julio Velazquez che lo conosce , diventano possibilità in più, di vittoria e risoluzione. Bisogna sperare che spinga sulla creatività, che provi ancora ad andare in porta quando tutto sembra chiuso, sfondando, segnando e dribblando con furbizia gli avversari che si trova davanti. Titolare nell'under 21 spagnola di Albert Celades, è in ascesa, essendo entrato anche nelle mire di Luis Enrique e della Nazionale maggiore. Anche se ha una sola stagione ad alto livello alle spalle, deve ancora superare la linea d'ombra, forse lo farà sotto la guida di Ancelotti che gli sta chiedendo di essere più diretto e meno tikitakesco, trovando in lui quotidiane conferme. Alternando i valori passati al pragmatismo emiliano.
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