Udinese-Napoli e l'asse
milionario: quanti affari tra i club

Udinese-Napoli e l'asse milionario: quanti affari tra i club
di Pino Taormina
Sabato 19 Novembre 2016, 09:30
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C’è anche il lato B della vicenda. Apprezzabile o meno. Saranno pure più o meno una trentina gli scambi sull’asse Udine-Napoli dagli anni ‘80 in poi, ma bruciano pure i tanti no di Gino Pozzo ad Aurelio De Laurentiis. Come quelli per Cuadrado e Alexis Sanchez, il Niño Maravilla, che andarono altrove perché i due patron sono amici, certo, ma quando si tratta di vendere (e di comprare) i sentimenti contano solo fino a un certo punto. «Eppure io penso che nel corso degli anni tre sono i giocatori dell’Udinese che avrei visto bene nel Napoli: Bierhoff, Amoroso e Di Natale». Il racconto è di Pierpaolo Marino, uno che da dirigente ha vissuto 15 anni della sua carriera lungo l’asse Napoli-Udine. «Io capisco la scelta di Totò di non lasciare più Udine: è una città crocevia, vicino all’Austria e alla Slovenia. Il giocatore che non ama le copertine trova lì la sua dimensione. Di Natale fu il mio ultimo colpo con l’Udinese: quattro giorni dopo ero a Napoli», racconta Marino sul filo dell’amarcord.
Il Napoli torna nella sua «fatal Udine» dove non vince dal settembre del 2007: una stadio maledetto, non c’è che dire, pure ora che si chiama Dacia Arena ed è uno dei tre gioielli privati (gli altri sono lo Juventus Stadium e il Mapei Stadium) in un Paese dove gli impianti di calcio sono tra i peggiori d’Europa. Da una parte ci sono Zielinski e Allan, gli ultimi eredi di una generazione di talenti che hanno scelto di scendere al Sud. Dall’altra Zapata, un bel rimpianto azzurro alla luce del ko di Milik. «Il Napoli ha nel suo destino lo scudetto: prima o poi lo vincerà. A Udine è diverso, è normale vendere i migliori per ripartire l’anno dopo, le risorse sono limitate: i friulani incassano dai diritti tv circa 30 milioni, il club azzurro più del doppio. La differenza inizia tutto da qui», dice Marino. Una differenza che poi, una volta in campo si azzera. Perché a parte qualche tiepido pari, negli ultimi nove Udinese-Napoli sono stati solo pugni nello stomaco.

Tra Pozzo e De Laurentiis sono transitati otto calciatori, per un totale di una novantina milioni passati dalla cassa di una società all’altra: tra questi Quagliarella, pagato dal Napoli 18 milioni. Ma quanti incroci, sull’asse Napoli-Udine. Vi ricordate, per esempio, Claudio Pellegrini III? Stagione ‘78-‘79. E prima ancora il difensore Bacchetti. Dopo arrivò da Udine Andrea Carnevale, attuale capo dello scouting del club bianconero. «Non ho mai piacere di parlare prima di questa partita, lì a Napoli c’è un pezzo del mio cuore, ho vinto due scudetti, ho ricordi meravigliosi. E quindi preferisco non pensare a questa partita e mettermi in un angolo a scrutare talenti in giro per l’Europa e nel mondo». E ancora tanti altri, come Inler per esempio.

Il fiore all’occhiello del modello Udinese, stadio a parte, è il settore giovanile. Si sa. Gli stranieri, però, sono sempre di meno; all’estero monitorano giocatori tra i 17 e i 22 anni. E hanno visto sempre prima degli altri: infatti, avendo anche Granada e Watford destinano tutti i giovani di prospettiva a maturare altrove. Per poi rivenderli e fare plusvalenze.
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