Dieci anni e due mesi dopo. La tragedia di Acqualonga avvenne il 28 luglio 2013 ed è attesa per oggi la sentenza che chiuderà il processo d'appello. Un processo passato per la rinnovazione del dibattimento e il nuovo esame in aula di alcuni testimoni, tra i quali il progettista che non segnalò la necessità di sostituire le barriere sul viadotto di Acqualonga ritenendole idonee: si trattava di una tipologia di new jersey dotata dei massimi livelli di contenimento e al progettista non era noto il danneggiamento delle viti di fissaggio.
È anche sull'affidabilità delle testimonianze che si è concentrato il confronto tra accusa e difesa, oltre che sulle relazioni tecniche, sulla delibera del 2008 con cui furono stanziati 138 milioni di euro per interventi sulle barriere in vari tratti autostradali, sulla divisione gerarchica e sostanziale di ruoli e competenze tra i vari dirigenti e tecnici finiti a giudizio. Il sostituto procuratore generale Stefania Buda, nella sua requisitoria, ha chiesto la condanna degli imputati assolti in primo grado a partire dall'ex ad di Autostrade Giovanni Castellucci.
Al cuore del processo ci sono state ricostruzioni diverse come diverse sono state le prospettive da cui sono stati studiati e analizzati i retroscena e le decisioni a margine dell'incidente che fece precipitare un bus turistico poco prima dello svincolo per Baiano. Sono le prospettive dei singoli imputati, tra dirigenti di Autostrade competenti a diverso titolo del tronco della A16, il titolare del bus precipitato, dipendenti della motorizzazione. La difesa (nel collegio, tra gli altri, gli avvocati Claudio Botti, Danilo Cilia, Mauro Iodice, Elio Palombi, Giorgio Perroni, Sergio Pisani) ha insistito sulle assoluzioni. La parola passa ai giudici. Oggi è atteso il dispositivo della sentenza che chiuderà il secondo capitolo giudiziario sull'incidente stradale più grave della storia d'Italia, con 40 vittime.