Il calcio italiano senza vergogna:
un patto resuscita Tavecchio

Il calcio italiano senza vergogna: un patto resuscita Tavecchio
di ​Gianfranco Teotino
Mercoledì 24 Gennaio 2018, 09:26
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Le notizie dai sepolcri imbiancati del calcio italiano lasciano forse ancor più basiti di quanto noi appassionati fossimo la sera del 13 novembre, con il Mondiale sfilato sotto il naso. Tavecchio, l'uomo simbolo del crac, sta per tornare, anzi in realtà non è mai andato via. Che avrebbe fatto di tutto per inchiodarsi a una qualsiasi poltrona l'avevamo capito subito, visto che non aveva voluto fare neppure il beau geste delle dimissioni, prima di fingere di darle, da presidente federale, riuscendo contemporaneamente a ottenere il prolungamento del mandato di commissario della Lega di Serie A. Ciò che nemmeno i pessimisti della ragione erano riusciti a immaginare, è che Tavecchio per restare in sella si è offerto, insieme ai lanzichenecchi di Lotito, come portatore di voti ai disegni di Urbano Cairo, nuovo protagonista dell'unica partita cui i signori del pallone sono da sempre veramente interessati, quella dei diritti tv.

Sì, perché persino questa partita l'Italia del pallone la sta perdendo, in conseguenza della sciagurata conduzione degli ultimi anni. Le offerte per il triennio 2018-21 sono molto a di sotto delle aspettative e incomparabilmente più basse rispetto agli altri campionati che contano in Europa. Ecco perché la battaglia per i posti di potere in Lega si è improvvisamente riaccesa a Milano, mentre a Roma i tre candidati alla presidenza della Federcalcio, comunque tre esponenti della vecchia nomenklatura, passano tristemente da un incontro all'altro senza riuscire a stringere alleanze né a suscitare interesse intorno ai loro programmi stinti, poco riformatori e per nulla innovativi.

Che vinca Gravina o Sibilia interessa poco e a pochi. Tommasi almeno avrebbe il fascino del ruolo di ex giocatore, ma francamente il modo con cui ha retto il sindacato calciatori lascia ben poche speranze sulla sua capacità di guardare agli interessi del pubblico, rispetto a quelli dei suoi associati. E comunque non vincerà. Che si esca, per modo di dire, dalla crisi più grave degli ultimi 60 anni spostando Tavecchio, sì proprio lui, quello che Opti Poba che mangiava le banane, quello che «ho amici gay», quello che «gli ebrei è meglio tenerli a bada», dalla presidenza della Federcalcio alla presidenza della Lega di Serie A, cioè della componente che dovrebbe essere il traino di tutto il movimento, lascia senza parole.

Dice: sì, ma Cairo, con Tavecchio presidente, intende nominare nuovo amministratore delegato della Lega Javier Tebas, l'avvocato che ha rilanciato la Liga spagnola, trasformandola nel campionato vice più bello (il primo è la Premier) e vice più sano economicamente (il primo è la Bundesliga) del mondo. Scelta pure questa discutibile, non per lo stipendio da calciatore, cioè a sei zeri, che chiede, e nemmeno per i suoi difficili rapporti con Fifa e Uefa, ma perché si tratterebbe di una scelta affaristica, niente affatto sportiva. Tebas, del quale per la verità inquieta anche la giovanile militanza in un partito franchista, è considerato uomo assai vicino a Mediapro, una casa di produzione televisiva che fra l'altro commercializza i diritti calcistici in Spagna, in particolare quelli per l'estero e quelli di Champions ed Europa League. E, in questi giorni, ha allungato l'occhio sulla torta italiana, presentando un'offerta, pare di 990 milioni di euro, per acquisire tutti i pacchetti e rivenderli poi agli interessati. In realtà, da quando Berlusconi è uscito dal Milan, e Galliani dal calcio, non c'è più un «dominus» in grado di regolare la materia, magari prima di tutto a proprio beneficio, ma in conseguenza anche a beneficio parziale degli altri. Evidentemente Cairo, imprenditore multimediale della comunicazione, mira a questo ruolo. Aspirazione legittima, per carità, ma, per favore, non legandosi ai Tavecchio o ai Lotito che ci hanno ridotto sul lastrico del pallone.

Di questo progressivo e inarrestabile deteriorarsi della situazione portano non poche responsabilità il Coni e il ministero dello Sport. Sarebbero dovuti intervenire subito. Con meno parole e più fatti. L'unico provvedimento in grado di bloccare il degrado era e resta il commissariamento. A costo di discutere in tribunale qualche ricorso amministrativo. Ora, soprattutto se il disegno di Cairo andasse in porto, con la nomina dell'accoppiata Tavecchio-Tebas venerdì in Serie A e l'elezione di uno qualunque dei candidati presidenti fantoccio in Federcalcio, sembra essere troppo tardi.

A meno che non si crei un grande movimento No-Tav che coinvolga appassionati e protagonisti dello spettacolo calcio, i giocatori in primo luogo, ma anche le società autenticamente riformiste, a partire dal Napoli, dalla Roma, dalla stessa Juventus. Che siano loro a chiedere direttamente il commissariamento. Passare da Tavecchio a Tavecchio sarebbe oltre, che un danno, una beffa spaventosa.
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