Gallerie d'Italia, Napoli ritrova il «suo» Velazquez

Arrivano da Londra due capolavori del pittore spagnolo che dal 1629 al 1651 fu due volte in città ma senza lasciare sue opere

La mostra di Diego Velazquez
La mostra di Diego Velazquez
Maria Pirrodi Maria Pirro
Mercoledì 24 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 25 Aprile, 09:01
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Quanta dolcezza trasmette questa Vergine con le mani giunte, lo sguardo basso, la testa coronata di stelle. Vestita di rosa e blu, i capelli sciolti, di colore insolito, non biondi, ma ramati, opera di Diego Velazquez, l’Immacolata Concezione è in elegante equilibrio, su una mezza luna semitrasparente, circondata dalla luce divina: l’andamento del pennello ne suggerisce i contorni. E la posa stessa rafforza la relazione con l’altro dipinto da oggi e fino al 21 luglio esposto alle Gallerie d’Italia, in via Toledo a Napoli.

È probabile che la rappresentazione sia stata realizzata proprio per lo stesso ambiente, nel monastero dei Carmelitani calzati a Siviglia. Con la Madonna in versione così umana, ma intima, che contrasta la rozza figura di San Giovanni: entrambi escono dal buio, sono ritratti di notte, e dal vero, da modelli in carne e ossa: insieme, colpiscono per l’immediatezza e i tratti realistici che richiamano Caravaggio. «È possibile che il giovane pittore in quegli anni, tra il 1618 e il 1619, non avesse visto i capolavori, ma le copie in circolazione tra la Spagna e il resto Europa», suggerisce Michele Coppola, direttore generale di Gallerie d’Italia, alla presentazione della mostra allestita negli spazi in cui si può ammirare, in genere, «Il martirio di sant’Orsola», la tela di Michelangelo Merisi temporaneamente trasferita alla National Gallery di Londra che festeggia il bicentenario. 

Qui, nella prestigiosa sede Intesa Sanpaolo, a quasi due anni e oltre 550.000 visitatori registrati dall’inaugurazione, dalla città inglese provengono, in cambio, l’«Immacolata Concezione» e il «San Giovanni Evangelista sull’isola di Patmos», i dipinti rimasti almeno fino al 1800 nel convento iberico, prima di essere acquisiti da Manuel Lopez Cepero, entrare nella collezione della famiglia Frere per quasi due secoli, e traslocare in Gran Bretagna, rispettivamente nel 1956 e nel 1974. «Le due opere dimostrano la straordinaria e precoce abilità di Velazquez che non soggiornò mai a Londra, anche se tanti suoi quadri sono esposti da noi», dice Daniel Sobrino Ralston, inviato dalla National Gallery per l’occasione. «Il pittore si recò, invece, due volte a Napoli, dove non sono conservate le sue tele, anche se durante il soggiorno ritrasse l’infanta Maria Anna di Spagna destinata a suo fratello Filippo IV, e oggi al Prado», interviene Giuseppe Porzio, professore universitario di Storia contemporanea all’Orientale, che nel catalogo «Velazquez, un segno grandioso» ricostruisce spostamenti e legami.

Tra l’estate del 1629 e inizio gennaio 1631, il maestro spagnolo venne in città per studiare («E forse anche con compiti di spionaggio»); poi, tra gennaio 1649 e giugno 1651, vi fece ritorno.

Il primo viaggio è documentato alla mostra da un pagamento di 154 scudi incassato al Banco di San Giacomo, cioè nello stesso luogo dove oggi hanno sede le Gallerie d’Italia. «Ma i motivi della ricevuta restano misteriosi» avvisa il vicedirettore Antonio Ernesto Denunzio, che annuncia una serie di incontri per approfondire questo e altro, dalla pittura alla cucina, sull’asse italo-spagnolo. 

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Con il restyling del monumento funebre di Pedro Àlvarez de Toledo, voluto da Friends of Naples, e la precedente mostra «Gli spagnoli a Napoli. Il Rinascimento meridionale», al museo di Capodimonte, è evidente una riscoperta di storici rapporti tra i due Paesi. E la relazione culturale è sottolineata da altri due dipinti oggi sistemati nella stessa sala, alle Gallerie d’Italia, scelti anche perché riproducono la stessa iconografia. La «Madonna Immacolata» di Giovanni Battista Caracciolo, trasferita nella chiesa della Natività della Beata Maria Vergine a Roccadaspide, nel Cilento. E un’altra Immacolata, nella versione smagliante di Paolo Finoglio, in prestito da San Lorenzo Maggiore. Dello stesso artista, Intesa Sanpaolo finanzia anche un restauro, assieme a quello di altri dipinti, tra cui il «San Francesco consegna la Regola» di Colantonio, nelle collezioni del museo di Capodimonte, e il trono di Palazzo Reale in legno intagliato e dorato, della Manifattura napoletana. Tutte opere che saranno ritrovate nella prossima edizione di «Restituzioni». 

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