L’applauso esplode in aula dopo la lettura del dispositivo della sentenza: l’attesa è durata 33 anni. Quanti gli anni di carcere scontati. È l’errore giudiziario italiano più clamoroso di sempre. Ma ieri Beniamino Zuncheddu, pastore sardo arrestato nel ‘91 e condannato all’ergastolo, ha avuto giustizia. Dopo poco più di due ore di camera di consiglio la Corte d’Appello di Roma ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto Zuncheddu come unico responsabile della strage di Sinnai, un triplice omicidio che adesso non ha responsabili. Beniamino non ha commesso il fatto. Hanno stabilito i giudici. A fianco dell’imputato, la sorella Augusta. Ma nell’aula ad attendere la sentenza c’erano anche Gaia Tortora e Irene Testa, esponente del Partito Radicale e garante dei detenuti della Sardegna e i tanti che hanno creato un comitato e in questi anni si sono battuti per la liberazione di Beniamino.
Beniamino Zuncheddu scarcerato dopo 32 anni in cella, scontava l'ergastolo per triplice omicidio
Beniamino Zuncheddu, la vicenda
«Ci sono stati trent’anni di menzogne», aveva detto nel pomeriggio il pg Francesco Piantoni, noto per aver riaperto le indagini della strage di piazza della Loggia a Brescia, chiedendo l’annullamento della sentenza. «L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu - ha detto - ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni».
LA VICENDA
Era l’8 gennaio del 1991.
LE INDAGINI
L’attività degli inquirenti si era concentrata sin dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella dei Zuncheddu, che gestivano un altro ovile. C’erano stati una serie di sequestri e le indagini, in una prima fase delegate ai carabinieri, non avevano neppure preso in considerazione Beniamino Zuncheddu, come ha sottolineato l’avvocato nella sua istanza di revisione del processo: «Era un soggetto dal profilo così basso che neppure venne preso in considerazione dalla polizia giudiziaria: non aveva animali di sua proprietà, non possedeva terreni confinanti con i Fadda (né altrove, essendo di famiglia poverissima), insomma non aveva nessun interesse da proteggere perché era un semplice servo pastore». Tuttavia, prima della strage l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani aveva aperto la pista delle liti tra gli allevatori.
L’ARRESTO
Beniamino Zuncheddu, che aveva 27 anni, venne fermato dopo pochi giorni dalle forze dalla polizia, ma le indagini arrivarono a una svolta nel febbraio di quell’anno. Pinna che aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore della strage, perché aveva agito con il volto coperto da una calza, cambia versione e individua in Zuncheddu l’autore del raid di morte. Dichiarando all’agente Mario Uda (che aveva ricevuto una soffiata) di averlo riconosciuto. Ed è in base alle affermazioni del supertestimone, che l’indagato, che si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato all’ergastolo.