L'unica strada asfaltata che conduce ai minuscoli villaggi dei beduini in Cisgiordania è desolata.
Betlemme, cittadina di 20 mila abitanti resa prospera dal turismo religioso, sembra lontana anni luce. Dove i caseggiati si diradano in lontananza spuntano gli insediamenti dei coloni protetti da una rete di filo spinato. Attorno il paesaggio resta brullo, con pochi alberi e qualche carcassa di auto sul ciglio, rimanenza dello scoppio di chissà quale rivolta. Sul tragitto che una volta al mese percorre l’ambulatorio mobile dell’ospedale Holy Family con a bordo un pediatra e un ginecologo ogni tanto si incrociano persino pittoreschi gruppi di cammelli alla ricerca di un po’ d’acqua, rendendo ancora più surreale la missione sanitaria. Per le donne palestinesi dei villaggi beduini quel furgone significa il diritto alla salute. Vengono aiutate a portare avanti la gravidanza, sottoposte a screening contro il cancro e a monitoraggi costanti sul feto per vedere che tutto proceda nel migliore dei modi. La distanza tra l’ospedale cattolico di Betlemme gestito dai Cavalieri di Malta e i villaggi, in linea d’aria non è enorme, un paio d’ore di strada, eppure il contrasto con le condizioni di vita di queste donne che si presentano totalmente velate è qualcosa di stupefacente, al punto da far sembrare quel breve tragitto un salto indietro nel tempo.
BAMBINI
Non appena il furgone bianco con la grande croce rossa a otto punte parcheggia nel bel mezzo di un desolato spiazzo, davanti a una costruzione sgangherata che dovrebbe fungere da ambulatorio, attendono già diverse pazienti. Tutte giovanissime. Alcune sono accompagnate dal marito che controlla guardingo da lontano, seduto in macchina a fumare. Le altre si sono fatte chilometri a piedi visto che il servizio pubblico è inesistente. Farsi visitare può essere una questione di vita o morte visto che evita interruzioni di gravidanze e malattie. Le nascite premature sono in aumento, segno di forte stress per la gestante ma anche di una alimentazione carente. «Ci capita molto spesso di dover soccorrere casi gravi. Ci sono pazienti che per le violenze subite perdono il bambino. Negli ultimi anni stiamo registrando anche una crescita anomala di parti prematuri. I motivi sono diversi: dallo stress dovuto alla guerra, alle misere condizioni in cui vivono. Riscontriamo, infine, tanti nascituri affetti da malattie genetiche causate da matrimoni tra consanguinei, cugini con cugini per esempio» racconta il dottor Motasem Hroub.
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La dottoressa Vera Bannoura spiegherà che rischiava di perdere il bambino. «Se ci sono violenze è facile rilevarle per via dei lividi sul corpo». Quasi nessuna donna però si spinge a denunciare. Si tratterebbe di un passo rischioso e complicato, e poi nessuna di loro è autonoma economicamente. Le statistiche palestinesi dicono che solo 4 donne su 10 denunciano. La percentuale si abbassa ancora nelle realtà rurali, attraversate dalla forte crescita del radicalismo islamico che restringe il campo di azione e di indipendenza femminile. La Palestina avrebbe ratificato nel 2014 la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione femminile (CEDAW), ma l’incorporazione delle leggi nazionali in linea con la CEDAW non è mai avvenuta.
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