Il presidente Klaus Iohannis, che è avversario politico dei socialdemocratici che guidano il governo ed è critico delle sue politiche in materia di corruzione, ha condannato la polizia per quella che ha definito una risposta «brutale» alle proteste.
Le manifestazioni - che si sono svolte anche in altre città della Romania - sono state indette dopo che la coalizione di governo ha approvato leggi che limitano i poteri dell'autorità anti-corruzione. E all'inizio di luglio è stata licenziata Laura Kovasi, procuratore capo anti-corruzione che aveva guidato le inchieste che hanno portato alla condanna di diversi funzionari, compreso l'ex primo ministro e leader del partito socialdemocratico Adrian Nastase.
Anche l'attuale leader del Psd, Liviu Dragnea, è stato condannato in passato in connessione con le violazioni elettorali - condanne che gli hanno impedito di diventare direttamente premier, ma non di controllare l'attività del governo - lo scorso giugno ha subito una nuova condanna, in primo grado, per abuso d'ufficio. Negli anni e nei mesi scorsi vi sono state altre proteste di piazza contro il governo e la sua campagna per decriminalizzare alcuni reati di corruzione, che dall'inizio del 2017 ad oggi ha portato all'avvicendamento di due premier a capo dell'esecutivo, ora guidato dalla prima donna rumena premier, Viorica Dancila.
La vicenda di Kovesi, riconosciuta a livello internazionale come una figura chiave nella lotta alla corruzione in Romania, ha portato al culmine lo scontro istituzionale tra governo ed il presidente Iohannis.
Kovesi infatti era stata accusata a febbraio dal ministro della Giustizia Tudorel Toader di avere abusato della propria autorità, chiedendo a Iohannis di rimuoverla dall'incarico. Il presidente si era però rifiutato di accogliere la sua richiesta, sostenendo che le accuse erano infondate. Il governo si è quindi rivolto alla Corte costituzionale ottenendo un pronunciamento in suo favore.