Alessandro Gentile star della Givova Scafati: «Lassù qualcuno mi ama»

«Orgoglioso di papà Nando, abbiamo un rapporto fantastico»

Alessandro Gentile
Alessandro Gentile
di Stefano Prestisimone
Venerdì 1 Dicembre 2023, 11:00 - Ultimo agg. 11:09
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Discese ardite e risalite. Parole di una canzone che sono la fotografia della carriera di un talento del basket come Alessandro Gentile, 31 anni, nato a Maddaloni, figlio di Nando, fratello di Stefano e nipote di Imma, la stirpe più numerosa e straordinaria della storia della pallacanestro italiana. Gli anni di carriera vissuti pericolosamente da Ale, 2 metri per 110 kg di potenza e controllo, sarebbero tutti da raccontare, così come il gran ritorno in A di questa stagione con la maglia della Givova Scafati dove sta tornando a giocare come sa: 8,5 punti, 5,3 rimbalzi e 2,5 assist in 20 minuti per gara, rendimento in costante crescita con la partitona contro Milano e l'high di 19 siglato contro Varese. Il suo must è il gioco in post basso con tiro in fade away. Il suo mantra, in campo e fuori, è essere diretto, senza filtri.

Alessandro, è tornato a giocare a grandi livelli. A Scafati ha trovato l'ambiente ideale?
«Cerco sempre di fare ciò che so fare meglio: aiutare la squadra ed essere me stesso in campo.

Dopo una stagione in cui sono stato frenato da un infortunio, mi è arrivata questa opportunità importante a Scafati e sto cercando di sfruttarla anche perché godo di grande fiducia da parte dell'allenatore e da parte del club, che sono la base per poter dare il meglio. Ed è bello essere qui finalmente, nella mia regione, vicinissimo a Caserta, dove c'è aria di famiglia».

Un campionato che è ancora difficile da decifrare.
«Molto competitivo come sempre, non vedo partite scontate. Sì, ci sono le solite due squadre che stanno un gradino sopra le altre ma devono dimostrarlo ogni domenica. Poi sotto grande equilibrio e lotta, tanti risultati a sorpresa e credo che sarà fino alla fine una battaglia per qualsiasi posizione».

Il suo approccio al basket? Come è cominciato tutto?
«È cominciato con un rifiuto. E vi spiego. Avevo 7-8 anni, eravamo in Grecia, ad Atene, perché papà Nando giocava con il Panathinaikos. E tentai un approccio con il settore minibasket del posto. Beh, me ne scappai via piangendo. E il discorso si chiuse lì. Poi, una tornati in Italia, ci riprovai e andò tutto liscio. Insomma tra me e il basket il feeling non è scoppiato subito».

La sua carriera è stata costellata da picchi straordinari e da momenti bui.
«Questo è un argomento che devo toccare spesso: la verità è che fin da giovanissimo sono stato esposto a grandi responsabilità, mi è stata messa addosso un'immagine che a volte non corrispondeva alla realtà e questa etichetta del predestinato dal carattere difficile me la porto ancora dietro. Ma la mia carriera è stata tutt'altro che un fallimento: due scudetti a Milano da capitano, 2 coppe, tante partite in Nazionale. Poi ci sono dei passaggi a vuoto di cui mi dispiace, ma che fanno parte del percorso».

Tra i momenti bui anche quella maledetta caduta di un anno e mezzo fa dal balcone della villa a Formentera, dove è intervenuto qualche santo protettore.
«Beh, dall'alto qualcuno ha messo la mano altrimenti non me la sarei cavata così. La ringhiera cedette e feci un volo di 4 metri, fratturandomi una vertebra cervicale. Niente rispetto a ciò che ho rischiato. Ma anche su questo si è detto di tutto, falsità enormi, speculando in maniera orribile. Ma ne hanno risposto e ne risponderanno in sede legale».

Il mancato approdo a Houston, che aveva acquisito i suoi diritti per la Nba?
«Fui scelto nel 2014 da Minnesota che poi cedette i diritti a Houston e tutto ciò accadde nella stagione del primo scudetto a Milano. Mi chiesero la disponibilità e mi proposero un contratto ma in quel momento non mi sentivo ancora pronto e dissi di no, ero capitano dell'Olimpia, avevo vinto uno scudetto da Mvp, stavo bene lì. In realtà a Houston non sono mai andato neppure a parlare. Ci sono stati due avvicinamenti ma poi la cosa non si è più concretizzata».

Non era ancora nato, ma è legato a quella stirpe di campioni e a quello scudetto del '91 della Juve Caserta?
«Diciamo che ne ho sentito parlare... È un qualcosa di straordinario che è rimasto nella storia e che a distanza di oltre trent'anni è ancora vivissimo, al punto che è stata fatta una serie tv su quella epopea. Una storia di vita e di sport che rimarrà per sempre. E avere una continuità in famiglia per me e mio fratello Stefano è un valore aggiunto».

Il rapporto con papà Nando? È sempre un consigliere prezioso?
«Abbiamo un rapporto fantastico, lui e mia mamma sono le cose più importanti della mia vita. Lui è stato un giocatore super ma la sua vera forza è il Nando-persona, generoso, con un cuore d'oro dietro quella corazza. Sono orgoglioso di mio padre-giocatore, ma centomila volte in più di mio padre-uomo».

E ora c'è già suo figlio Dusan pronto a continuare la stirpe?
«Vedremo. Nel frattempo dovrebbe prima imparare a camminare...». 

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