Scontro legale sulla morte di Diego Armando Maradona, a un mese esatto dalla data di inizio del processo per accertare i responsabili del suo decesso, avvenuto il 25 novembre 2020 in uno spoglio appartamento del Barrio St. Andres a Tigre, nella cintura urbana di Buenos Aires. I magistrati che hanno rinviato a giudizio 8 tra medici e infermieri hanno chiesto che i giudici del Tribunale orale criminale di San Isidro non prendano in considerazione la perizia presentata dal medico Pablo Ferrari su richiesta dei legali di uno dei rinviati a giudizio, il neurochirurgo Leopoldo Luque, che negli ultimi anni era il punto di riferimento di Maradona per le sue patologie. Secondo questa perizia, Diego morì per un collasso cardiorespiratorio e non si potrebbe escludere l'uso di droghe, diverse dai farmaci che erano stati prescritti dalla psichiatra Agustina Cosachov.
Secondo i magistrati Patricio Ferrari e Cosme Iribarren, la perizia di Ferrari è stata redatta in quattro giorni mentre quella su cui si è basata la Procura di San Isidro, affidata a ventuno specialisti, è stata conclusa dopo due mesi di lavoro.
A proposito del presunto uso di droghe, sui social è intervenuta Gianinna Maradona, secondogenita di Diego e Claudia Villafane, per chiarire: «Dopo il ricovero del 9 maggio 2004 mio padre smise di assumere cocaina. L'autopsia accertò subito che nel suo corpo c'erano soltanto le tracce dei medicinali che gli erano stati prescritti. Io continuerò a combattere questa battaglia». Ma l'inizio del processo, non soltanto il suo esito, è fortemente a rischio.