Caso Koulibaly: vince il codice, perde lo sport

di Francesco De Luca
Sabato 19 Gennaio 2019, 08:00
4 Minuti di Lettura
Scusate, abbiamo capito male: quella sera, al Meazza, Koulibaly voleva provocare. Voleva, con l'applauso dopo l'espulsione, «irridere» l'arbitro di Inter-Napoli, fare «l'ironico» in un momento invece drammatico come è quello che vive un calciatore dalla pelle nera che ascolta cori razzisti. È questa la sintesi della motivazione con cui il presidente della Corte sportiva d'appello, Sandulli, ha confermato la seconda giornata di squalifica per il difensore. Sereno e determinato davanti ai giudici, Kalidou ha più volte chiesto scusa ma non è bastato, così come si è infranta sul muro della giustizia federale la speranza del legale del club di De Laurentiis di ottenere lo sconto grazie al precedente Muntari (sono state sottolineate differenze tra i due casi). Vince il codice, che non prevede come esimente per un applauso all'arbitro un'abbondante scarica di insulti razzisti. Sandulli non solo dice che Koulibaly è stato irriguardoso, ma che una reazione a cori razzisti non è ammissibile perché potrebbe degenerare ed essere violenta. Ci vuole cuore nell'applicazione della legge e a Roma non ne hanno avuto scrivendo nelle motivazioni: «Ai fini del giudizio della Corte nessuna rilevanza può essere attribuita all'inaccettabile clima che si era creato nello stadio durante la gara». Le regole forse verranno cambiate, il presidente Gravina ha istituto una commissione giustizia. Ma il calcio ha fallito un'occasione per dare con i fatti conforto a un campione umiliato nella sua dignità e ha confermato di essere un mondo strano, pieno di imbarazzanti controsensi.

Se il problema sono le regole - ma chi può pensare che Koulibaly volesse irridere l'arbitro? - c'è ancora una volta da chiedersi perché Mazzoleni non abbia interrotto Inter-Napoli. Questo prevedono le attuali regole, richiamate dopo l'infausto 26 dicembre perfino da Fifa e Uefa: in questa decisione l'arbitro è coinvolto, anche se la definitiva sospensione del match spetta al funzionario di pubblica sicurezza. Mazzoleni ha commesso un grosso errore, è inadeguato sul piano tecnico e umano perché non ha saputo assumersi responsabilità, eppure il designatore Rizzoli non lo ha fermato: il 29 dicembre è stato al Var per Parma-Roma e oggi arbitra Udinese-Parma. Compiuti 44 anni, appenderà il fischietto al chiodo alla fine di questo campionato: non ci mancherà. Adesso, però, c'è da pretendere che gli arbitri siano inflessibili nell'applicazione del regolamento. Ci sembra chiaro che il clima dopo il caso Koulibaly non è cambiato. Si è visto nelle recenti partite di Coppa Italia: a Bologna è stato insultato il giovane juventino Kean; a Roma vi sono stati cori razzisti (ebrei e napoletani nel mirino) di tifosi laziali e romanisti. Non vi sono state sanzioni e ciò è incomprensibile perché i primi provvedimenti da adottare sono questi, non l'ipotesi di riattivare i treni speciali - avanzata dal ministro dell'Interno Salvini - che presenta un alto profilo di rischio o cambiare l'orario alle partite: anticipando lunedì alle ore 15 Genoa-Milan, ad esempio, si è creato un clima di tensione, con i tifosi rossoblù che annunciano di disertare gli spalti di Marassi.

Koulibaly avrebbe meritato le scuse del mondo calcistico, da sostanziare attraverso la riduzione della squalifica. Il presidente Sandulli ha applicato in modo notarile il codice, laddove sarebbe servita una sentenza politica, nel senso più nobile. Coraggio non ha avuto Mazzoleni a interrompere la gara, coraggio non hanno avuto i giudici federali. Ma ora il calcio non continui ad ignorare il vergognoso fenomeno del razzismo, promettendo interventi a cui non seguono fatti. E soprattutto non si lasci da solo Ancelotti in questa campagna che ha ricevuto tante adesioni. Tutti d'accordo a parole ma poi? Ma poi i cori razzisti continuano ad essere ascoltati e un senso di ingiustizia subita prova chi, come Koulibaly, viene accusato di aver deriso l'arbitro. Il punto non è avere Kalidou per la difficile partita di domani contro la Lazio ma mettere in campo tutto quello che occorre affinché lui e altri calciatori dalla pelle nera possano giocare sereni e affinché non vi sia qualsiasi tipo di discriminazione. Sabato 26 il difensore tornerà in campo al Meazza, esattamente un mese dopo quella vergogna. Forse ci sarà Salvini a stringergli la mano, sicuramente ci dovrà essere un altro clima, oltre a un arbitro disposto a interrompere la partita e a un funzionario di pubblica sicurezza pronto a sospenderla, se così non fosse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA