Effetto Ronaldo, la Juventus
batte anche la passione di Napoli

Effetto Ronaldo, la Juventus batte anche la passione di Napoli
di Francesco De Luca
Giovedì 28 Marzo 2019, 07:30
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Ma cosa è questo grande freddo che è calato tra Napoli e il Napoli? E, se la città continua ad amare la squadra, perché la segue in maniera quasi distratta? Mai il club azzurro, da quando è tornato in serie A nel 2007, aveva avuto un seguito così basso di spettatori al San Paolo. Sulla base dei dati delle prime 15 partite di campionato la media è di 31.123 a gara: in questa classifica la squadra è dietro alla Juve, alle milanesi, alle romane e appena un po' più su della Fiorentina. Non è più incoraggiante il report sulle presenze nelle cinque partite di Champions ed Europa League: media spettatori 37.434. La maggiore affluenza si è registrata in questa stagione in occasione di Napoli-Psg (55.489, per il fascino della sfida contro Neymar) e Napoli-Bologna (46.585, per i prezzi contenuti in occasione dell'ultima partita dell'anno solare 2018). A leggere le statistiche pubblicate sul sito Calcio.com, si nota che la media spettatori per le 13 partite del Napoli in trasferta è 29.649 (solo la Juventus ha fatto meglio) - tra tifosi locali e ospiti - e questo considerando i divieti applicati in occasione di alcune trasferte per i residenti in Campania. È un dato che non sorprende perché anche in passato, negli anni del saliscendi dalla A alla B all'insegna dell'assoluta precarietà finanziaria, la squadra era seguitissima negli stadi del nord, vecchi e giovani tifosi si emozionavano per giocatori e dirigenti che a Fuorigrotta erano duramente contestati.
 
C'entra in questo calo di presenze il divorzio da Sarri, il distacco da quella magia calcistica che aveva reso i napoletani orgogliosi della loro squadra e del loro comandante? La media spettatori nello scorso campionato - dato su 19 partite - era stata di 43.050 a gara, con quei 51.382 presenti nell'ultimo turno per Napoli-Crotone soltanto per tributare un omaggio all'allenatore e ai giocatori che avevano lottato per lo scudetto. Sarri era entrato nell'anima dei tifosi napoletani, perché era uno di loro, tuttavia l'arrivo di Ancelotti è stato il migliore segnale che De Laurentiis potesse lanciare sulla continuità del progetto che tiene il Napoli saldamente ai vertici del campionato e da nove anni iscritto alle coppe. E in estate vi era stata una sola cessione, quella di Jorginho, non una partenza di importanza tale da fare indispettire il popolo napoletano. E allora perché questo distacco, cresciuto con il passare delle settimane?

La straordinaria stagione della Juve e il clamoroso vantaggio sugli azzurri (+15 al momento) che ha fatto chiudere in anticipo la contesa scudetto rappresentano una ragione valida, la più valida, per giustificare questo calo di interesse. È vero che da tempo De Laurentiis sostiene il primato dello stadio virtuale e che nel progetto per un impianto ex novo presentato al Comune quattro anni fa aveva ipotizzato una capienza di 40mila spettatori (due terzi rispetto all'attuale) però il tifoso deve essere comunque stimolato dall'appuntamento con la squadra del cuore. A Napoli lo era stato anche in stagioni assolutamente anonime, non soltanto in quelle in cui si lottava per lo scudetto o per la salvezza, talvolta in serie B. L'effetto della dittatura della Juve ha inevitabilmente portato a questo calo di attenzione e presenze (per lo scontro diretto con i bianconeri al San Paolo solo 42.667 spettatori), un problema più per l'immagine che per le casse perché gli introiti da stadio non hanno un peso rilevante come in passato. Gli altri club non hanno i mezzi economici per contrastare la leadership bianconera e allora bisognerebbe immaginare modifiche regolamentari, dai playoff al salary cap.

Ancelotti è appassionato e coinvolgente, si è subito calato in questa realtà, ma la sua prestigiosa presenza in panchina non è bastata per evitare spazi vuoti sempre più ampi al San Paolo. Annullare la campagna abbonamenti a causa dei lavori per l'installazione dei seggiolini in vista delle Universiadi (nel migliore dei casi, invece, cominceranno a un mese dalla fine del campionato) è stato un colpo duro alla passione di un gruppo di fedelissimi - ridotto, perché in questi anni il Napoli non ha mai avuto un numero di abbonati adeguato ai risultati - e un errore a cui il club ha cercato di porre rimedio lanciando più volte mini abbonamenti per partite di campionato e coppe. Le scomodità del San Paolo (quel «cesso» come lo definì De Laurentiis) sono state tollerate negli anni: a gravi disservizi neanche facevano caso tifosi alimentati dalla passione. E allora cosa sta succedendo, oltre all'effetto-Juve? È da escludere l'imborghesimento di una delle piazze più appassionate d'Italia. Quei 31mila spettatori a partita sono anche il segnale di un rapporto che deve essere migliorato con la tifoseria, lavorando per soddisfare le sue aspirazioni che vanno evidentemente oltre il secondo posto e il piazzamento Champions.

Non si può negare ai napoletani il sogno scudetto. Essi sanno quale profonda differenza finanziaria esista rispetto alla Juve e hanno vissuto da vicino, in anni per fortuna lontani, i travagli per le cessioni di calciatori prestigiosi e il fallimento, ma Ancelotti è stato scelto per un progetto che sia duraturo e vincente, in Italia o all'estero (e questa possibilità c'è ancora: il Napoli è una delle migliori tra le 8 squadre approdate ai quarti di Europa League). Non è solo una questione di mercato, di campioni che eleverebbero il potenziale azzurro, apparso quest'anno deficitario in ciò che avrebbe dovuto essere l'elemento aggiunto rispetto al Napoli di Sarri: la forza delle seconde linee, mai risultata tale per infortuni e prestazioni scadenti. A ridefinire l'assetto della squadra provvederà Ancelotti in base al budget che il club metterà a disposizione (nel bilancio 2018 c'è una riserva di 118 milioni, che al momento non sembra destinata a progetti per dotare la società di un proprio stadio o centro sportivo). I tifosi devono tornare ad essere un pilastro per il club e per questo è necessaria l'operazione di recupero di quelle migliaia di napoletani che si sono allontanati in questi mesi attraverso iniziative che rafforzino la fidelizzazione, dagli abbonamenti a uno stadio in cui si possa trascorrere non soltanto il tempo della partita. Tra De Laurentiis e la piazza c'è un incerto feeling ma nelle ultime partite al San Paolo si ascoltano fischi di dissenso quando da un settore della Curva B partono cori contro il presidente, contestazioni a prescindere alle quali gli altri tifosi si oppongono perché la forza di Napoli deve essere la compattezza: la scintilla che si accende quando gli azzurri scendono in campo.
 
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