Eredità Agnelli, le testimonianze del personale che smentiscono le tesi degli Elkann

Il Riesame decide sull’istanza della difesa contro l’ultimo sequestro fatto dalla Finanza

Eredità Agnelli, le testimonianze del personale che smentiscono le tesi degli Elkann
Eredità Agnelli, le testimonianze del personale che smentiscono le tesi degli Elkann
di Valeria Di Corrado
Mercoledì 27 Marzo 2024, 00:00 - Ultimo agg. 28 Marzo, 08:51
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Un secondo “round” si è combattuto ieri davanti al tribunale del riesame di Torino tra la Procura subalpina e lo staff di avvocati che difendono i fratelli Elkann, indagati per truffa ai danni dello Stato per non aver pagato la tassa di successione su una porzione di eredità della nonna, pari a 734 milioni di euro. I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno disposto un nuovo sequestro dei documenti (cartacei e informatici) già acquisiti dai finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali del personale al “servizio” di Marella Caracciolo. La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte dell’anno. 

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Nel locale caldaie dell’abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, prescelto come suo erede “al trono della Fiat”, i militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti, governante, guardarobiera, maggiordomi».

Per realizzare quella che i pm ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse sull’eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che «assisteva di fatto Marella Caracciolo». A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili alla famiglia Angelli-Elkann. Come emerso dalle intercettazioni, «al momento della perquisizione (del 7 febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell’arrivo della Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe dovuto “nascondere”». In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui «giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di Marella. La “prova del nove” è che quasi tutti i dipendenti assunti da John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è deceduta.

IL RICORSO

Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato - nel ricorso presentato al Riesame - che al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece, gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella, con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l’Agenzia delle entrate (che non ha potuto finora esigere il pagamento dell’imposta), e così facendo avrebbero tratto «l’ingiusto profitto» di risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse. Tra l’altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto «vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore. L’altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto. Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza, si sono riservati di decidere entro sabato prossimo.

L’INCIDENTE PROBATORIO

Infine, i difensori di John, Lapo e Ginevra e quelli del commercialista di famiglia, hanno chiesto al giudice delle indagini preliminari di svolgere le eventuali copie forensi sui telefonini e gli altri dispositivi informatici sequestrati dalla Finanza, con la formula dell’incidente probatorio. Secondo i penalisti, infatti, è più opportuno che a procedere sia un esperto super partes nominato da un gip: sempre ammesso - viene fatto notare - che il Tribunale del Riesame confermi il sequestro degli apparecchi. Gli avvocati si dicono fiduciosi dell’esito del ricorso.

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