«Carditello come Pompei», la sfida del ministro Sangiuliano

La Reggia borbonica per la caccia era il simbolo del degrado della Terra dei Fuochi

Il tempietto dorico a Carditello
Il tempietto dorico a Carditello
di Cristiano Tarsia
Giovedì 9 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 10 Maggio, 07:36
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Rinasce Carditello. Con la reggia, i cavalli Persano, il galoppatoio, i turisti. Una volta era il simbolo del degrado della Terra dei Fuochi, tutt’intorno con le sue discariche, i ruderi, le illegalità. Ora splende, rimessa a nuovo. Il degrado imperante è un lontano ricordo, ma c’è il rischio che l’antica tenuta di caccia borbonica sia una cattedrale nel deserto, invece di un volano per lo sviluppo economico di una zona ancora martoriata. «Per Carditello stiamo pensando a un grande progetto come Pompei», è la sfida del ministro Gennaro Sangiuliano, «la cui supervisione sarebbe da affidare ai carabinieri, proprio come avvenuto a Pompei». Una dichiarazione forte, che tradotta significa un impegno concreto dello Stato al di là dei 50 milioni già stanziati per il recupero della tenuta. E altri soldi da stanziare ancora. 

Ieri è stata l’occasione per inaugurare, dopo i restauri, il tempietto dorico e l’appartamento reale (qui però i lavori sono ancora da finire), da sabato visitabili con biglietto.

Carditello, ha riconosciuto Sangiuliano, «è un sito meraviglioso dalle grandi potenzialità culturali e socioeconomiche. Stiamo lavorando affinché possa entrare in modo duraturo negli itinerari culturali».

Depredata negli anni dei suoi tesori, con il tempo e l’incuria che hanno fatto il resto, Carditello costruita intorno al 1787, sotto Ferdinando IV di Borbone, su progetto dell’architetto Francesco Collecini, collaboratore di Luigi Vanvitelli. rinasce anche grazie alla tecnologia, alla realtà aumentata. Che sopperisce, per il momento, a un restauro monco. Quadri e arazzi ora conservati nelle altre regge campane - Capodimonte, la vicina Caserta, Palazzo Reale a Napoli - e finanche al Palazzo del Quirinale a Roma e all’ambasciata d’Italia a Mosca.

L’appartamento reale, spiega il presidente della Fondazione Carditello Maurizio Maddaloni, «è stato restaurato dal Segretariato generale campano solo parzialmente ed evidentemente ha bisogno ancora di essere completato con i fondi già in parte appostati dal ministro. Nonostante tutte le problematiche riscontrate, noi agiamo e riapriamo le sale al pubblico, dimostrando il nostro senso di responsabilità e continuando a lavorare in armonia con i nostri soci per restituire alla comunità il sito».

E così i futuri visitatori (ci saranno anche i crocieristi) potranno vedere sette arazzi, sette sovapporte, tanti quadri dell’Ottocento napoletano, frutto della tecnologia digitale. Nella Sala Oscura (chiamata così per via di un pozzo di luce), una volta sala da gioco, ci sarà «Il gran cavallo», tela di grandi dimensioni acquisita dal ministero della Cultura a un’asta di Bonhams a Londra. I coniugi Barracco, Mirella e Maurizio, hanno donato al sito una china di Filippo Palizzi. Mentre Ugo Cilento nel suo atelier venderà capi di di alta sartoria come cravatte e foulard con disegni di cavalli e i proventi da destinare a Carditello. Per l’occasione, la fondazione ha previsto, d'intesa con Poste Italiane, l’annullo filatelico celebrativo della giornata. 

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Insomma sono tante le iniziative per la tenuta borbonica, che un tempo era infinitamente estesa, ridotta ai 23 ettari attuali, di cui 8 costituiti dagli edifici (12 capannoni e 8 torri), e il resto a formare il galoppatoio all’aperto più grande d’Europa. Anche questo restaurato con tanto di gradinate - capaci ai tempi di ospitare sino a 30.000 persone - e di cavalli della pregiata razza Persano che hanno fatto ritorno a casa, anche qui con un grande e certosino lavoro di recupero. Ma ovviamente la sfida della Fondazione Carditello. Perché appunto ci sono tanti spazi da recuperare. La Grande Carditello. C’è da restaurare una cappella, distante un chilomento, dove i Borboni, che arrivavano dalla reggia di Caserta si fermavano a pregare. Ci sono otto ruderi borbonici in zona. Qualcuno è abbandonato, qualche altro è diventato casa colonica. Ma l’idea è di riappropriarsi di tutti gli spazi possibili, proprio per dare l’impressione ai visitatori di quello che è stato il real sito di Carditello. 

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