Napoli, il ritorno di Ancelotti: i grandi sogni e il licenziamento nella notte Champions

Sulla panchina del Napoli 479 giorni, le pagine più amare della sua storia

Ancelotti con Di Lorenzo e Lozano dopo l'ultima partita sulla panchina del Napoli il 10 dicembre 2019
Ancelotti con Di Lorenzo e Lozano dopo l'ultima partita sulla panchina del Napoli il 10 dicembre 2019
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Domenica 1 Ottobre 2023, 08:58 - Ultimo agg. 2 Ottobre, 07:24
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Quando Carlo Ancelotti venne nella redazione del Mattino, posò davanti alla prima pagina dell'edizione straordinaria del 10 maggio '87, quella del primo scudetto, e mostrò un sorriso al fotografo. Lui, ovviamente, di scudetti (e altri trofei) se ne intendeva e il sogno - suo, di De Laurentiis, della squadra e ovviamente della tifoseria - era di vederlo alzare una coppa: non a caso aveva cantato dal palco di Dimaro, durante la festa nel ritiro estivo, un suo pezzo forte, “I migliori anni della nostra vita”. Invece, niente. Sulla panchina azzurra si è seduto per 73 partite. Ne ha vinte 38, pareggiate 19 e perse 16. Un viaggio di 479 giorni, dalla vittoria nella prima gara del campionato 2018-2019 - 2-1 in casa della Lazio il 18 agosto - a quella sui belgi del Genk per 4-0 il 10 dicembre 2019, ultima del girone di qualificazione agli ottavi Champions. Nella stessa serata Carletto venne licenziato da De Laurentiis, che lo aveva conovocato all'hotel Vesuvio per consegnargli la simbolica lettera di esonero. «Quando le cose non vanno bene è meglio interrompere il rapporto», avrebbe detto a distanza di tempo Mister Champions, l'allenatore che più volte - quattro - ha vinto il trofeo.

Ancelotti torna tra poche ore a Napoli, alla testa del Real Madrid appena tornato al vertice della Liga. Ha detto pochissimo finora su questo incrocio di Champions e del destino ma le emozioni saranno forti anche per un uomo di mondo, abituato a saltare da una panchina all'altra - pochi giorni dopo l'esonero a Napoli si accasò a Liverpool, per guidare l'Everton, finché non arrivò la chiamata da Madrid - e a condividere serenamente le gioie e le delusioni vissute in una straordinaria carriera. Il primo appuntamento con De Laurentiis, la posa da pistoleri con il patron nel giorno dell'annuncio, le battaglie combattute contro il razzismo (difese con vigore Koulibaly dopo le offese ricevute a Milano) e gli errori arbitrali (dura presa di posizione col designatore Rizzoli in un dibattito con gli allenatori). Dopo aver festeggiato i sessant'anni a Capri, presenti De Laurentiis e il suo ex pupillo e successore Gattuso, Ancelotti cominciò a conoscere l'altra faccia del Napoli. Ovvero le tensioni nello spogliatoio, dove iniziavano ad emergere problemi per i rinnovi contrattuali e non solo. Insigne non gradiva le sostituzioni e una volta venne mise in castigo da Carletto, in occasione della trasferta Champions a Genk.

L'aria si sarebbe definitivamente guastata a inizio novembre. Lo spogliatoio ribolliva. Prima della sfida aperta a De Laurentiis, con la decisione di non recarsi in ritiro a Castel Volturno, vi furono le contestazioni - più o meno palesi - ai metodi di lavoro di Ancelotti, che lasciava sempre più spazio al figlio Davide, suo vice. Il rendimento in campionato era tutt'altro che esaltante (e non lo sarebbe stato neanche con Gattuso, che però ebbe la giustificazione, come tutti i suoi colleghi, del lockdown) e così De Laurentiis decise di dare ascolto alle voci di dentro (il ds Giuntoli) e di licenziare Ancelotti. «Probabilmente le nostre strade si sarebbero dovute dividere alla fine del primo campionato», raccontò De Laurentiis in un'intervista al Corriere dello Sport-Stadio.

Adl e Carletto si stringeranno la mano prima della sfida Champions: che senso avrebbe portare rancore per due uomini abituati a vivere il presente e a guadare al futuro?

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