Real Madrid-Napoli, parla De Laurentiis: «È la sfida che fa la storia, Maradona ci dia la carica»

Real Madrid-Napoli, parla De Laurentiis: «È la sfida che fa la storia, Maradona ci dia la carica»
di Alessandro Barbano
Mercoledì 15 Febbraio 2017, 06:00 - Ultimo agg. 10:44
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A undicimilaottocento metri sopra le spiagge rosa di Stintino, nel mezzo di un viaggio le cui coordinate geografiche non dicono se al suo termine ci aspettano bollicine di champagne o piuttosto una tisana digestiva, si può ancora sognare. Così Aurelio De Laurentiis sogna. Alle 15.47, mentre sorvoliamo la Gallura, la sagoma del Santiago Bernabeu è ancora lontana quanto basta per osare, senza avvertirne quel sacro timore che spaventa anche uomini abituati a sfidare il destino. Di questo oggi si tratta. «Sì, è una partita storica, e potrei uscirmene con un luogo comune, dire per esempio che in una gara così il risultato è imprevedibile - attacca il patron -, ma voglio guardare le cose da un dettaglio. E quel dettaglio è Maradona. Sento, spero che lui nello spogliatoio, oggi, prima del fischio d’inizio, possa creare il sentiment giusto per far scattare una cazzimma senza precedenti. Perché una cazzimma così ci serve».
 


E se la cazzimma mancasse, come è già accaduto, a un passo dal traguardo? Se il Napoli di De Laurentiis si confermasse buono per illudere?
«Andiamoci piano. Se da sette anni siamo in Europa e il nostro ranking è passato dal 550esimo posto al 16esimo vuol dire che siamo una realtà, e non un’illusione. Quando nel ‘69 Ferlaino prese la società, impiegò 18 anni per vincere il primo scudetto. Io ne sono presidente da 12. Vuol dire che ho ancora margine per fare meglio, considerando anche che i tempi sono cambiati, e che vincere è diventato più complicato. Però, se guardo agli ultimi sette anni, vedo un crescendo continuo e mi convinco di due cose: che qualche scelta l’ho azzeccata e che, quanto meno secondo ciò che è logico prevedere, siamo destinati a salire ancora».
Mazzarri, Benitez e Sarri, tre gradini diversi per una sola scala. Come se li rappresenta oggi?
«Mazzarri è stato bravo a portarci in Champions con un monte stipendi che era la metà di quello attuale. Benitez è stato abile nel selezionare talenti pur rimanendo nel budget di quanto si poteva allora spendere. Sarri è quello che si dice uno scienziato del calcio. Se penso oggi che, quando l’ho preso, alcuni gruppi delle curve, per fortuna non tutti, mi hanno contestato con gli striscioni allo stadio, mi viene da ridere».
Lo difese contro l’evidenza dei primi incerti risultati. Che cosa le diceva che era la scelta giusta?
«Intuii subito che era un allenatore speciale. Anzitutto perché è innamorato perso del calcio, ma dico del calcio bello. Quello che ti porta con sfrontatezza a vincere, divertendo i tuoi fan. Poi è un grande studioso, insegue un’esattezza che direi scientifica. Non ho mai visto un tecnico così attento sul campo di allenamento e così meticoloso nel rapporto con i calciatori. Per questo non brucia mai un nuovo acquisto. Se il Napoli avesse comprato Gagliardini, lui non lo avrebbe mai fatto entrare da subito, come invece ha fatto l’Inter».
De Laurentiis, ma lei pensa davvero di vincere in Europa con quello stadio che si ritrova?
«Purtroppo, a differenza di quanto accade in Spagna, in Germania e nel Regno Unito, in Italia la crescita del calcio è ostacolata da certe leggi figlie del menefreghismo e della cecità dei politici. Che un po’ per ignoranza un po’ per populismo fingono di non capire quanto sia importante e formativo questo sport per i giovani. Così, prima si immagina una legge per creare impianti sportivi e per proteggere l’equilibrio economico e finanziario delle società, e poi la si stravolge per fare un dispetto a Lotito e alla Sensi, con la finta giustificazione di voler evitare speculazioni edilizie. Come se durante un periodo di stagnazione, come quello che ancora attraversiamo, ci fossero voglia e interesse a investire nel mattone».
Ma quando dice populismo pensa a Roma, a Napoli, o a tutti e due?
«A Napoli devo aspettare che maturino certe opportunità per decidere se trasformare il San Paolo in uno stadio modello, con tutti gli ostacoli burocratici che ne deriverebbero, o se invece costruire un nuovo impianto, per esempio a Bagnoli, una volta effettuata la bonifica».
Ma l’autorizzazione a costruire a Bagnoli chi gliela dà? La cabina di regia? O l’amministrazione De Magistris e i movimenti che le stanno attorno?
«Su Bagnoli c’è solo il problema di procedere alla bonifica. Certo, con la caduta di Renzi, tutto si è rallentato. Ma io spero che...». 
Che Renzi torni?
«Che si trovi una soluzione in quell’area. Altrimenti dovremo trovare un altro spazio. Ma una cosa è certa: non è il San Paolo la soluzione finale».
Non può che far piacere questa affermazione. Ma dica, ha cambiato idea?
«Il San Paolo ha una copertura che andrebbe eliminata e portata a smaltimento. Poi ha il problema di vincoli architettonici e, da ultimo, una viabilità intorno difficilmente modificabile. Ci sono palazzi che potrebbero soffrire di inquinamento acustico e statico per le vibrazioni. Qualcuno, in maniera un po’ superficiale, mi ha chiesto: ma non potresti abbatterlo e ricostruirne un altro più moderno? È un’ipotesi suggestiva, ma dove giocherebbe il Napoli, una volta demolito il San Paolo, e in attesa del nuovo impianto? Già sarebbe alquanto complesso trasformarlo mentre si gioca, figuriamoci sostituirlo con uno nuovo».
E quindi?
«Quindi, dopo aver offerto un finanziamento di 35 milioni, più altri 40 milioni per costruire spazi commerciali, devo ringraziare il sindaco e il consiglio comunale di avere bocciato la mia proposta. Avrei buttato tutti questi soldi senza fare crescere più di tanto il Calcio Napoli. Però sa qual è la cosa che mi dà fastidio? Che la gente creda che il San Paolo sia mio. E che il fatto che non venga manutenuto dipenda da me. Invece ho investito svariati milioni in questo stadio, e ancora devo riaverli indietro. Ma oggi, tra l’altro, mi è impedito di investire ulteriore denaro in ristrutturazioni che, com’è noto, competono al Comune».
Ma il Comune non ha ottenuto un mutuo di 25 milioni dal credito sportivo?
«Dubito fortemente che quelle somme serviranno a cambiare il San Paolo».

L'intervista completa sul Mattino Digital

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